ROMA – Tra gli anni ’50 e ’60 del novecento una lunga catena di terremoti dalla forza devastante caratterizzò il nostro pianeta. Si cominciò in Tibet nel 1950 e si finì in Alaska nel 1965. In mezzo il terremoto più forte che l’uomo ricordi, in Cile, nel 1960. Allora nessuno pensò che gli eventi, distanti tra loro migliaia di chilometri e anni, potessero essere in relazione tra loro. Ma oggi questa ipotesi comincia a prendere piede. Se fosse vera potrebbe ripetersi? Se c’è una sequenza, un “ritmo” non casuale dei terremoti, allora potremmo già essere dentro un altro “ciclo” di 15 anni di terremoti devastanti. Fase cominciata nel Natale del 2004 a Sumatra e che avrebbe avuto la sua ultima manifestazione nel terremoto del Giappone di cui proprio in questi giorni ricorre il primo anniversario.
Dal punto di vista scientifico la materia terremoti è una materia ancora abbastanza sconosciuta. Poco si sa sul se e come sono in relazione gli eventi sismici del pianeta e praticamente impossibile è prevederli. Ma se i terremoti sono provocati dall’attrito e dalla pressione che le zolle della crosta terrestre esercitano tra loro, sembra logico pensare che se una zolla si sposta anche le altre ne subiscano le conseguenze. Come nel gioco del domino, il movimento del primo tassello si ripercuote su quelli vicini e cosi via, sino a creare una nuova sistemazione, un nuovo equilibrio. E sembra talmente logico che dall’universo delle speculazioni questa ipotesi sta assurgendo al ruolo di teoria scientifica
Il sisma di Natale 2004 sarebbe stato il punto di avvio. Il “terremoto zero”. Un terremoto così forte da estendere le sue conseguenze a tutto il pianeta. Sfiorò la magnitudo 9 della scala Richter, poi il sisma indonesiano del 2007 (8.5 della scala Richter) e quello siberiano del 2008 (9), in ultimo, il terremoto dello scorso anno di Sendai. Più una miriade di terremoti minori, alcuni registrati in California nel 2005. E sono proprio dei ricercatori giapponesi, notoriamente esperti in materia, ad avanzare questa teoria.
Esisterebbe poi anche un precedente in grado di avvalorare, oltre la mera supposizione logica, le tesi di chi sostiene che i terremoti, o almeno i più potenti, sono in grado di accendere delle “catene” con conseguenze anche molto lontane nello spazio e nel tempo. Ed il precedente, l’ultimo in ordine di tempo, è quello che caratterizzò gli anni ’50 e ’60. Si cominciò allora in Tibet, dove nel 1950 ci fu un devastante terremoto, 8.6 della scala Richter. Due anni dopo, nel ’52, un sisma di magnitudo 9 colpì la penisola della Kamchatka. Nel ’57 fu la volta dell’Alaska (8.6) e poi, nel 1960, il Cile, con il terremoto più potente mai registrato. In una sequenza che disegnò un ipotetico arco attorno al Pacifico. Ma l’onda non si esaurì in quei 7 anni, tutt’altro. Nel 1963, ’64 e ’65, l’Alaska fu teatro di altri 3 terremoti dalla forza inusuale: 8.5, 9.2 e 8.7 della scala Richter. Quindici anni dunque, dal 1950 al 1965, in cui la Terra fu percorsa da una serie di terremoti estremamente violenti. Verosimilmente in relazione tra di loro.
Se così fosse dunque, e se Sumatra 2004 ha inaugurato una nuova catena, ci aspetterebbero altri circa altri sette anni di forti terremoti. Sino alla fine del 2019.