Solo la Fiom ha alzato un po’ la voce e gli hanno dato dei matti (senza però, nel 2010, saperli sloggiare dalla loro Alamo-Pomigliano) mentre un sindacalista di quelli bravi andava a Detroit a dire ai compagni sindacalisti americani che stessero tranquilli, che Marchionne era una gran brava persona. Di qui il dubbio che Marchionne oggi sia un po’ ingrato e un po’ in malafede.
Tra l’altro c’è da dubitare sulla buona fede di Marchionne anche per un paio di particolari: perché vuole togliere ai polacchi la produzione per darla ai napoletani e che cure hanno fatto gli operai ex yugoslavi per diventare così bravi come non erano mai stati nel vissuto della Fiat: è bastato che cadesse il comunismo? Potrebbe essere un altro affascinante coraggioso azzardo, avendo Marchionne calcolato la pochezza dei suoi vari avversari.
Ma ormai, a questo punto, mi pare abbastanza ridicolo oggi tutto questo parlare di tavoli, di incontri, di esortazioni da parte di Berlusconi, ministri, sindacalisti. Ormai i giochi sono fatti, è troppo tardi.
Dovevano pensarci nella primavera del 2009 e doveva farlo il sindacato, non il Governo: chiamare al tavolo la Fiat, per parlare di Termini Imerese, di Pomigliano d’Arco e anche di Mirafiori, tutti birilli destinati a cadere sul tavolo del biliardo globale della Fiat.
Non avrebbero potuto bloccare l’azienda, ma contrattare, allora, condizioni migliori e chiamare il Governo centrale e anche quelli locali a fare la loro parte.
Oggi i lavoratori pagano per tutti, per le colpe loro e anche quelle degli altri.
