Una grande voglia di lavorare non sarebbe bastata per raggiungere lo scranno più alto. Per arrivare dov’è oggi, la Merkel ha coniugato uno spirito stakanovista con un ambizione divorante ed un pragmatismo degno dei più grandi statisti. Secondo alcuni critici, nella sua vita politica, più che gli ideali hanno contato le strategie, la capacità di capire l’umore del suo popolo, e di adattarvisi (si veda da ultimo la questione del nucleare).
L’ingresso in politica della Merkel, in un movimento che sarebbe più tardi confluito nella CDU, data di quattro settimane prima della caduta del muro quando «non c’era più pericolo», sottolinea malignamente qualcuno. E quando Kohl, il segretario della CDU e mentore della giovane promessa, fu colpito dallo scandalo del finanziamento illecito nel 1999, mentre i dirigenti del partito esitavano ancora sul da farsi, la Merkel non esitò a «scaricare» pubblicamente il suo protettore con un editoriale su un celebre quotidiano. Un anno dopo la poltrona del leader politico, primo cancelliere della Germania unificata, diventava la sua.
Sono passati più di dieci anni, e la Merkel di strada ne ha fatta ancora parecchia. Oggi dalla sua ambizione e dal suo lavoro l’Europa attende molto, forse la sua stessa esistenza. Non possiamo che augurarci che l’Iron Frau, dietro il suo nordico pragmatismo, si spenda ancora per quei valori senza i quali l’Europa non potrà continuare a vivere.
