Buon Natale si può ancora dire. La Commissione Europea tranquillizza tutti i pasdaran del cattolicesimo. Anche se, oggettivamente, quello delle istituzioni europee non è stato forse un esempio felice. E’ ridicolo anche abolire un modo di dire che è entrato negli usi e costumi, che è tradizione della maggior parte degli europei.
Chi scrive non crede, né tantomeno pratica. Ma non usare il termine Natale per non urtare la sensibilità di chi non è cristiano è una questione ridicola. Buone vacanze, buone festività, vanno sempre bene. Ma quali festività? Le feste di Natale, è inutile girarci attorno. Ci sarà un motivo per cui quei giorni sono considerati festa, anche solo per abitudine e tradizione. Altrimenti, per coerenza, la Commissione Europea dovrebbe rimanere aperta e operativa il 25 dicembre.
Buon Natale si può dire: retromarcia della Commissione Europea
“L’iniziativa delle linee guida aveva lo scopo di illustrare la diversità della cultura europea e di mostrare la natura inclusiva della Commissione. Tuttavia, la versione pubblicata delle linee guida non è funzionale a questo scopo. Non è un documento maturo e non va incontro ai nostri standard qualitativi. Quindi lo ritiro e lavoreremo ancora su questo documento”. Lo dichiara la commissaria Ue all’Uguaglianza Helena Dalli, supervisor delle indicazioni per la comunicazione esterna e interna dell’Ue. Che, in queste ore, hanno sollevato diverse polemiche, a partire dai riferimenti al Natale.
La polemica sul Natale nelle linee guida dell’Ue
Meglio “buone feste” che “buon Natale”. Poi via ogni riferimento di genere. Mai presumere l’orientamento sessuale di una persona. Non rivolgersi alla platea con il classico “signore e signori”. L’Ue, con un documento interno per la comunicazione delle istituzioni comunitarie, traccia una sorta di nuovo decalogo linguistico nel segno del rispetto della diversità. Di qualsiasi diversità.
Il documento di una trentina di pagine ha un titolo inequivocabile: Union of Equality. “Ognuno in Ue ha il diritto di essere trattato in maniera eguale” senza riferimenti di “genere, etnia, razza, religione, disabilità e orientamento sessuale”, si legge nell’introduzione del documento. “Le parole e le immagini che usiamo nella nostra comunicazione quotidiana trasmettono un messaggio su chi siamo e chi non siamo”, è la tesi delle linee guida. Una tesi che ha diverse implicazioni pratiche che l’esecutivo Ue, nel documento, divide per settori.