In Bosnia-Erzegovina si vota domani nelle elezioni generali per il rinnovo di tutti gli organi del potere centrale e regionale. Si tratta della sesta consultazione elettorale dalla fine della guerra nel 1995, quando la Bosnia – con gli accordi di Dayton – fu strutturata in due entità, la Republika Srpska (Rs, a maggioranza serba) e la Federazione Bh (a maggioranza croato-musulmana).
La Federazione Bh ha il 51 per cento del territorio e 1,9 milioni di elettori, la Republika Srpska il 49 per cento e 1,2 milioni di elettori. Le precedenti elezioni politiche si sono tenute in Bosnia nel 1996, 1998, 2000, 2002 e 2006.
I 3,1 milioni di elettori, su una popolazione complessiva di 3,9 milioni di abitanti, sono chiamati a scegliere i tre componenti della presidenza tripartita (un musulmano, un serbo e un croato), i deputati al parlamento centrale bosniaco e a quelli delle due entità, il presidente e due vicepresidenti della Republika Srpska, i consigli dei dieci cantoni della Federazione Bh.
La speranza è che dalle urne esca un responso in grado di far voltar pagina alla Bosnia, rimasta dopo i drammi della guerra per troppo tempo bloccata e ostaggio della persistente contrapposizione fra le tre componenti etniche del paese, la serba, la musulmana e la croata.
Il risultato è stato un sostanziale impasse nelle riforme chieste dalla comunità internazionale e necessarie a far avanzare il paese sulla strada dell’integrazione nell’Unione europea e nella Nato. Alla base dello stallo vi è in primo luogo il dissidio fra la componente musulmana, che punta a una maggiore centralizzazione degli organi di potere, e quella serba, estremamente gelosa di preservare la propria autonomia, e la cui leadership minaccia per questo la secessione.
Obiettivo delle critiche dei serbo-bosniaci è in particolare l’Alto rappresentante della comunita’ internazionale e inviato speciale della Ue, Valentin Inzko, che ha il potere di abrogare leggi e destituire dirigenti e funzionari, in un paese che ha sostanzialmente ancora lo status di un protettorato. La campagna elettorale, conclusasi ieri sera con gli ultimi comizi – oggi è giornata di silenzio e riflessione – è stata nuovamente dominata dai toni nazionalistici e di parte, anche se non sono pochi coloro che si attendono un rafforzamento e un peso maggiore delle forze di opposizione.
Pur considerando che i sondaggi elettorali in Bosnia non sono ritenuti molto attendibili, un’inchiesta condotta da Ipsos e commissionata da un Istituto americano ha pronosticato, nel voto per il parlamento centrale, il successo del Partito socialdemocratico (Sdp), il maggiore partito multietnico, all’opposizione, destinato a togliere voti al Partito di azione democratica (Sda), il principale partito musulmano fondato dal defunto presidente Alija Izetbegovic.
In Republika Srpska, l’opposizione e’ riunita sopratutto nel fronte Insieme per la Serbia, formato dal Partito democratico serbo (Sds) e dal Partito del progresso democratico (Pdp), un cui rafforzamento andrebbe a ridimensionare lo strapotere della Lega dei socialdemocratici indipendenti (Snsd) del potente premier Milorad Dodik.
Uno dei fenomeni nuovi di queste elezioni è stata la discesa in campo del magnate dell’editoria Fahrudin Radoncic, che ha fondato la Lega per un futuro migliore (Sbb) e che è candidato alla carica di membro musulmano della presidenza tripartita. Domani si voterà dalle 7 alle 19, con i primi risultati significativi, a cominciare da quelli per la presidenza tripartita, attesi entro la mezzanotte. Il voto è monitorato da circa 300 osservatori dell’Osce.
