Un’affermazione delle forze moderate in campo musulmano, un successo nelle fila ultranazionaliste serbe e una conferma indolore in campo croato: questo l’esito, in parte inaspettato, delle elezioni generali  in Bosnia-Erzegovina, che infonde una pur lieve speranza di dialogo fra le tre componenti etniche di un paese ancora molto diviso al suo interno, e per questo bloccato nel processo di riforme necessarie all’integrazione europea.
Per la carica di membro musulmano della presidenza tripartita che, come l’esponente croato, viene eletto nella Federazione Bh (entità a maggioranza croato-musulmana di Bosnia), ha vinto a sorpresa Bakir Izetbegovic, figlio di Alija, padre dell’indipendenza bosniaca, fautore del dialogo con i serbo-bosniaci. Il risultato non è ancora definitivo ma il vantaggio di Izetbegovic mette il candidato musulmano al riparo da sorprese.
Izetbegovic, al 92% delle schede scrutinate, è in testa con il 34% delle preferenze, contro un deludente 25% di voti ottenuti dal carismatico Haris Silajdzic, membro uscente della presidenza e favorito della vigilia che, in quanto a consensi, si è visto superare pure dal magnate dell’editoria Fahrudin Radoncic, al 30%, mentre anche il suo Partito per la Bosnia (SBiH) ha registrato un calo enorme di preferenze.
Silajdzic, che vorrebbe la riunificazione della Bosnia divisa dall’accordo di pace di Dayton (1995) in due entità (la seconda è la Republika Srpska, Rs, a maggioranza serba), si è  scontrato duramente negli ultimi quattro anni con il leader dei serbi di Bosnia, Milorad Dodik, che impedisce un rafforzamento delle istituzioni centrali. Questo scontro ha dominato per quattro anni la scena politica bosniaca a scapito delle riforme volute dalla comunita’ internazionale per l’avvicinamento del Paese all’Ue. Esponente del maggiore partito musulmano, Sda (Partito d’azione democratica), fondato dal padre, Izetbegovic, 54 anni, architetto, parlamentare dal 2000, e’ in politica da vent’anni, ma non ha il carisma e le capacita’ oratorie del padre.
E’ convinto, ha detto oggi, che la nuova presidenza tripartita ”funzionerà un po’ meglio della precedente” perché è pronto a tendere la mano ai suoi colleghi per abbandonare la ”politica della ripicca”. Il suo partito, però, l’Sda al potere da otto anni, non sarà più la prima forza politica della Federazione perche’ nel voto per il parlamento centrale e per quello dell’entità è superato dal Partito socialdemocratico (Sdp), la maggiore forza politica multietnica della Bosnia. L’Sdp, il cui esponente Zeljko Komsic è stato riconfermato a membro croato della presidenza tripartita triplicando i voti delle scorse consultazioni, non è in testa solo nelle aree della Federazione a maggioranza croata, dove vince l’Hdz (Comunità democratica croata), che però divide i consensi con ‘l’Hdz 1990’, il partito nato per scissione della tradizionale formazione nazionalista dei croato bosniaci, e con il Partito del diritto puro (Hsp, ultranazionalista). Le timide speranze di dialogo tuttavia devono fare i conti con la conferma della leadership nazionalista e radicale in seno ai serbo-bosniaci.
Nella Republika Srpska infatti, ancora una volta, è stata premiata l’Snsd del premier uscente nazionalista Milorad Dodik, che, votato a larga maggioranza, sarà il nuovo presidente della Rs. L’esponente del suo partito, Nebojsa Radmanovic, è stato da parte sua riconfermato all’incarico di membro serbo della presidenza tripartita con una vittoria di stretta misura sul candidato moderato Mladen Ivanic, che però ha sollecitato un’inchiesta alla Commissione elettorale poiché le schede non valide sarebbero tantissime, quasi il 10%. Preoccupazione per una percentuale così alta è stata espressa oggi anche dagli osservatori dell’Osce. La comunità internazionale spera comunque che i cambiamenti scaturiti dalle urne inducano i leader eletti ieri, nazionalisti o moderati che siano, a trovare un’intesa per riportare la Bosnia-Erzegovina sul percorso europeo e a realizzare le riforme previste dall’Accordo di stabilizzazione ed associazione all’Ue.