I laburisti, indietro nei sondaggi rispetto ai comservatori di David Cameron, devono riconquistare la classe media britannica che si presenta coi nervi tesi alle prossime consultazioni del 6 maggio, e sterzano al centro, riscoprendo quella ricetta che consentì a Tony Blair di ottenere per tre volte il mandato a governare.
Forse è tardi per la quarta vittoria ma il manifesto che il premier Gordon Brown illustra a Birmingham è un compromesso fra la promessa di grandi cambiamenti politici e il bisogno di restituire sicurezza al ceto medio deluso e indebolito dalla crisi economica. Lo slogan del premier, in corsa per la riconferma, è chiaro: «Voglio una middle class più forte che mai».
Insomma, riforme ma tolleranza zero con chi è responsabile di «comportamenti antisociali», oltre a un giro di vite con gli immigrati ai quali sarà richiesto di conoscere alla perfezione l’inglese. «Venire in Gran Bretagna è un privilegio e non un diritto».
I laburisti dicono che il futuro sarà «o di progresso o di conservazione e non sarà di entrambi», ma compiono un’operazione di restyling che ha tutta l’aria di mediare proprio fra progresso e conservazione: un pò di innovazione, di ambientalismo, di ottimismo per il futuro, che si accompagnano al pugno di ferro contro coloro che commettono reati, al rafforzamento dei controlli alle frontiere, alla rigorosa selezione dei permessi d’ingresso.
Apertura culturale ma con molti paletti: è il progressismo che tenta di sposarsi con il buon senso civile della middle class inglese. Riforme, ordine e punizioni, la sinistra ripiega sulla moderazione, ben lontana dagli estremismi xenofobi ma consapevole che tanto il tema dell’immigrazione quanto il tema della criminalità non possono essere tabù inviolabili, semmai questioni da affrontare e risolvere.
È il capitolo dedicato alle famiglie a vincolare i laburisti alla promozione e alla protezione «dei valori britannici». La gente, si legge nel Manifesto di 76 pagine, «ha bisogno di sapere che l’immigrazione è controllata, che le regole sono ferme e chiare». I rifugiati troveranno protezione ma il sistema a punti che disciplina gli ingressi sarà reso più severo, si intensificheranno le «azioni contro le migrazioni clandestine», negli uffici di collocamento si creeranno corsie preferenziali per i lavoratori locali, e saranno sbarrate le porte alla manodopera non qualificata che arriva «da fuori l’Europa».
È un programma che non dispiacerebbe ai leghisti italiani. Il principio di base è formulato così: «Poiché crediamo che venire nel Regno Unito sia un privilegio e non un diritto, romperemo l’automatismo fra la permanenza per un determinato periodo e la possibilità di ottenere la cittadinanza. In futuro restare qui dipenderà dal sistema a punti e l’accesso ai benefici sociali sarà progressivamente riservato ai cittadini britannici e ai residenti permanenti».
I laburisti si ripromettono di sottoporre all’ esame d’inglese quanti richiedono permesso il soggiorno e d’impiego. «I migranti che parlano inglese in modo fluente trovano impiego con maggiore probabilità e s’integrano più facilmente. Così renderemo il nostro test d’inglese più duro».
Ai candidati verrà chiesta anche la conoscenza dei «valori e delle tradizioni del popolo britannico». Difficile prevedere se la sterzata regalerà consensi. Ma un cosa è certa: i laburisti, col Manifesto di Birmingham, hanno riposto il guanto di velluto nel cassetto.
Riforme ma tolleranza zero con chi è responsabile di «comportamenti antisociali» e giro di vite con gli immigrati ai quali sarà richiesto di conoscere alla perfezione l’inglese. «Venire in Gran Bretagna è un privilegio e non un diritto».