
BRUXELLES – Il governo Tsipras ha detto no all’ultima offerta – 16,3 miliardi in 5 mesi in cambio di riforme – fatta dai creditori, l’ex troika formata da Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale. Intanto l’Eurogruppo di domani, sabato 27 giugno, è stato anticipato alle 14 (era previsto per le 17).
L’offerta, definita “generosa” dal cancelliere tedesco Angela Merkel, consiste in un nuovo finanziamento di 16,3 miliardi in cambio di un accordo sulle riforme più vicino alle richieste dei creditori che non all’ultima proposta del governo greco guidato da Syriza.
Questa l’offerta di Fmi, Bce e Ue (fonte Reuters): una prima tranche da 1,8 miliardi, dal fondo “salvastati” Efsf (European Financial Stability Facility) sarebbe erogata subito per pagare il debito con il Fondo Monetario Internazionale in scadenza il 30 luglio; 10,9 miliardi sarebbero stanziati per la ricapitalizzazione delle banche greche. E i restanti 3,6 miliardi di euro vengono dai profitti che la Banca Centrale Europea ha realizzato sugli acquisti dei titoli di stato greci nel 2014 e nel 2015.
Alexis Tsipras ha risposto che “la Grecia rifiuta ultimatum e ricatti”. Il presidente dell’Eurogruppo Donald Tusk gli ha risposto che “il tempo sta finendo, non è un ricatto ma un fatto”. Il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker ha detto che “La posizione delle tre istituzioni non è prendere o lasciare. Il governo greco è legittimamente eletto, dobbiamo rispettare il governo ma soprattutto il popolo greco”, quindi “Non c’è alcun ultimatum”. Ma “è antieuropeo dare al popolo greco l’impressione che dall’Ue arrivi un ultimatum”. Già il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis si era dichiarato contrario alla firma di un accordo “non praticabile” con i creditori. Repubblica.it:
“La Grecia è stata costretta ad adattarsi ad alcune richieste piuttosto strane delle istituzioni. Ora sta a loro fare un passo avanti. Il nostro impegno per restare nell’euro è assoluto”. D’altra parte la posizione del governo ellenico è chiara: “Nel caso in cui non pagassimo al Fondo monetario internazionale gli 1,6 miliardi di euro la cui restituzione è prevista il 30 giugno, saremmo in situazione di obbligazioni scadute” e questo “non equivale a un fallimento” ha detto il ministro greco del Lavoro, Panos Skurletis.
A dimostrazione della volontà di non fare altre concessioni ai creditori, Atene ha oggi il via al piano umanitario voluto da Tsipras per dare sostegno alle oltre 300mila famiglie di indigenti senza luce e cibo: un programma da 200 milioni di euro osteggiato dall’ex troika, ma sul quale Atene non ha fatto marcia indietro.
Una mossa che non è piaciuta al presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, secondo cui l’accordo va trovato sabato, quando è stata convocato la riunione a Bruxelles: “Deve accadere domani altrimenti non c’è più tempo. Serve è un pacchetto di riforme che rimetta in piedi la Grecia, ma richiede un’azione più forte fronte delle riforme e su quello dei costi”. Il presidente dell’Eurogruppo poi riserva una stoccata al governo Tsipras, alimentando i rumors secondo cui sarebbe in atto un manovra europea per far cadere l’esecutivo: “L’intera società greca è a pezzi da qualche tempo. Basti pensare all’autorità fiscale, che non funziona più, agli investitori esteri che lasciano il paese, la gente non ha più fiducia nel governo”.
Per la prima volta mostra segnali di preoccupazione anche Juncker che dice: “Non sono così ottimista sull’accordo”. Per il commissario Ue, Guenther Oettinger, l’uscita della Grecia dall’area euro sarà inevitabile se non si troverà una soluzione entro cinque giorni.