L’acquisto viene finalizzato alla fine dell’anno e i soldi della compravendita finiscono in due società off-shore, che possono essere riferite al Crédit Lyonnais. Bernard Tapie cita allora in giudizio la banca che accusa di aver agito in maniera fraudolenta per intascare 350 milioni di euro di plusvalore.
E’ questo l’inizio di una lunga vicenda giudiziaria che si impantana fin da subito a causa di una particolarità della giustizia francese. Dopo anni di tergiversazioni, di sedute, di appelli si giunge nel 2008 ad un accordo tra le parti perché il processo sia giudicato da un arbitraggio privato. Allora ministro dell’economia, Christine Lagarde avalla questa scelta, nonostante l’opinione di diversi membri del suo gabinetto. La decisione è rapidamente presa. Lo stato, rappresentante della società che gestiva all’epoca dei fatti il Crédit Lyonnais, è condannato a pagare 285 milioni ai Tapie.
Sorprendentemente, malgrado le forti proteste che si levano dall’opposizione, il governo, nella persona di Christine Lagarde, non chiede il ricorso in appello, e rinuncia così a contestare la maxi multa. Diverse voci sostengono che l’arbitraggio in favore di Tapie è un regalo di Nicolas Sarkozy all’uomo d’affari che lo aveva pubblicamente sostenuto nella campagna del 2007. In questo contesto nel 2010 arriva la notizia che il procuratore generale della Corte di cassazione, Jean-Louis Nadal, ha deciso di avviare un’indagine per decidere dell’apertura o meno di un capo d’imputazione contro l’attuale presidente dell’Fmi.
