PARIGI – Sono trascorsi 18 lunghi anni da quando Jacques Delors non se la sentì di raccogliere la pesantissima eredità di Francois Mitterrand e rifiutò di essere lui il candidato socialista all'Eliseo, aprendo la strada a un ininterrotto dominio della destra in Francia. Sua figlia, Martine Aubry, ha finalmente raccolto oggi quella sfida mancata dal genitore, candidandosi da numero 1 del partito a numero 1 del paese.
Era un evento atteso, annunciato ed era diventato irrinunciabile dopo il suicidio politico-mediatico del grande favorito della gauche, Dominique Strauss-Kahn.
Eppure la discesa in campo della sessantenne Martine, austera e lontana mille miglia dalla politica delle paillettes e dell'immagine, è apparso a tutti un momento di svolta.
Bando alle divisioni storiche della gauche, alla guerra fra i boss del partito che nel 2007 sabotarono le speranze di Segolene Royal contro Nicolas Sarkozy, bando ai personalismi, al buonismo e alla prudenza.
Sarà ''arcaica'', come le dicono i suoi avversari di destra, ma Martine Aubry ha detto oggi – davanti agli entusiasti sostenitori di Lille accorsi ad applaudirla nella vecchia stazione di treni merci trasformata in centro culturale – parecchie ''cose di sinistra''.
La più importante, dopo anni di batoste, è arrivata come una liberazione: ''Prendo oggi, qui davanti a voi, l'impegno della vittoria nel 2012''. Senza sbavature, come sobri ma netti sono l'arredamento e l'abbigliamento scelti dalla leader socialista: blu e bianco, con le due bandiere di Francia ed Europa sul palco, e un'unica scritta, martineaubry.fr.
Lei, sola e senza capi di partito intorno, camicia bianca e tailleur pantalone nero: ''Voglio restituire alla Francia la sua forza, la sua serenità, la sua unità. Voglio ridare a ciascuno il gusto del futuro e la voglia di un destino comune''.
Tredici minuti di discorso davanti a un centinaio di giornalisti, molti stranieri, per la donna che in molti chiamano ancora ''madame 35 heures'', perché fu lei, da ministro del Lavoro del governo di Lionel Jospin, a varare a fine anni Novanta la legge sulla riduzione dell'orario di lavoro. Ha parlato ed evocato valori ''di sinistra'' ma anche ''della mia famiglia''.
L'ha fatto con vigore ed orgoglio: ''Morale, senso della giustizia, gusto degli altri, le mie convinzioni di sempre, quelle della Repubblica e quelle della sinistra''. La Francia che prospetta Martine è un paese ''innovatore, competitivo ed ecologico'', riunito da ''un presidente che presieda'' e che ''si avventuri nella democrazia, come facciamo noi con queste primarie''.
Nessuna concessione al governo attuale, quello incarnato da Sarkozy e dal sarkozysmo: ''Un potere chiuso nelle sue certezze'', in un paese che ''ha paura, si ripiega su se stesso e sul disfattismo. Questa – ha protestato – non è la Francia''.
Per sapere se ci sarà mai, prima o poi, una Francia di Martine Aubry, bisognerà aspettare prima di tutto le primarie socialiste di ottobre. Per ora è Francois Hollande, in campagna da marzo, ad avere due o tre punti di preferenza in più – secondo i sondaggi – rispetto alla Aubry, ma lei è entrata in scena soltanto oggi, chiudendo il famoso cerchio lasciato aperto dal padre. Il quale non era presente all'evento politico che ha visto protagonista la figlia, ma soltanto perché ''da tempo – dice – mi sono ritirato volontariamente dalla vita pubblica franese per operare sul piano europeo ed internazionale. Ma – aggiunge – appoggio Martine al 120 per 100''.
Anche lei lo avrebbe fatto, era anche presente negli studi televisivi in cui Delors annunciò che lui all'Eliseo non avrebbe puntato. Padre e figlia non si sono più parlati per anni, poi il ghiaccio si è sciolto e adesso – come per un tacito patto – i Delors faranno squadra nella scalata all'Eliseo.
