ROMA-E al primo dei cinquanta giorni Berlusconi parlò…d’altro. Di cose importanti, per carità. E, “per carità di patria”, parole sue, non del suo processo fissato tra cinquanta giorni, il 6 di aprile, ore 9,30 alla quarta sezione del Tribunale di Milano. A mezzogiorno del primo dei cinquanta giorni Berlusconi, arruolato Tremonti a fargli da “testimonial” nella saletta di Palazzo Chigi, parlò di debito pubblico che è un peso ma che lo “stiamo contenendo”, di “spesa pubblica sociale”, cioè dei miliardi spesi per la cassa integrazione “così che la crisi non ha visto in Italia grandi manifestazioni di protesta”, di opere pubbliche dove “abbiamo vinto il campionato mondiale”, della “patrimoniale che non arriverà mai” e del Pil che si schioderà dal rinsecchito uno per cento e volerà al 3/4 per cento “ma nel 2015”. Sullo stato economico del paese, su quel che il governo ha fatto, sta facendo e farà per l’economia del paese Berlusconi non aveva niente di nuovo da dire e infatti non l’ha detto. Però una cosa voleva dire e questo era il segno della sua conferenza stampa, anzi della sua scelta del primo giorno dei cinquanta: parlo di economia, sono il “Berlusconi oeconomicus”, sono il capo di un governo, sono un premier di una nazione e non il sindaco di Bunga-bunga City. “Sono tranquillo e vado avanti” e sul processo amen e “birichino” al giornalista che accenna domanda. Il primo giorno è stato quello della serena serietà di governo e del sorriso dell’uomo tranquillo.
E il secondo giorno, e gli altri dei cinquanta? La partita “sorrisi contro prove” vede queste ultime alquanto in vantaggio. La telefonata, anzi le telefonate in Questura ci furono, ci sono le relazioni di servizio della Questura di Milano, è una prova. Sapeva che la ragazza per cui telefonava era una minorenne, è nel testo delle telefonate. E’ un’altra prova. Dopo e a seguito delle telefonate furono disattese le indicazioni del pubblico ministero competente per i minori, è la terza prova. Ruby non fu affidata all’ambasciata egiziana, anche se “nipote di Mubarak”, quarta prova. Ruby andò più e più volte ad Arcore quando era minorenne, ci sono le prove. E prove sono i bonifici di pagamento, a Ruby e alle altre. Prove quante se ne vuole, ma arriveranno mai le prove a processo?
Processo? Meglio sarebbe dire processi. Il primo, quello denominato Mediaset, è fissato il 28 febbraio: reati fiscali. Il secondo per reati analoghi è fissato il 5 marzo, si chiama Mediatrade. Il terzo è in calendario per l’undici marzo, è il processo Mills. Il reato è corruzione, fu corrotto l’avvocato inglese Mills con 600mila dollari perché rendesse incompleta testimonianza sulle tangenti pagate alla Guardia di Finanza. Pagate da chi? Dal corruttore. E chi è il corruttore? Questa la domanda del terzo processo. E finalmente il sei aprile ci sarebbe il processo per concussione e prostituzione minorile, processo che forse si arricchisce di un’altra prova: la circostanza secondo la quale Ruby confessò a Berlusconi di essere minorenne quando il premier manifestò l’intenzione di intestarle, o farle intestare, un appartamento nella famosa Via Olgettina. Allora Ruby dovette “dichiarare le sue generalità” e nacque allora la trovata della “nipote di Mubarak”, serviva allora, prima di ogni indagine, a giustificare il tenore di vita improvvisamente diventato assai largo e comodo della ragazza.
Quattro processi a un premier in neanche quaranta giorni, una cosa mai vista. Frutto di “assedio giudiziario”, frutto del caso? Nè l’uno nè l’altro: frutto del “tappo” ai processi tenuto per volontà del governo e per legge sul legittimo impedimento. Saltato il tappo, i primi tre processi escono ovviamente dalla bottiglia tutti insieme. Il quarto si aggiunge rapido e “abbreviato” perché c’è l’evidenza delle prove. Evidenza che a norma di legge e di codice non prova la colpevolezza ma esclude che un imputato con a carico queste prove possa uscire assolto e scagionato dall’udienza preliminare. Le prove, e sono tante, impongono il processo. Non la condanna che non è automatica e spetta, semmai, al collegio giudicante.
Ma ci saranno mai questi processi, Berlusconi ci andrà, si presenterà, consentirà che si svolgano e soprattutto si concludano? Alla raffica di convocazioni in aula Berlusconi e i suoi avvocati replicheranno con quel che resta del legittimo impedimento dopo l’ultima sentenza in materia della Corte Costituzionale. Sentenza che dice: Berlusconi può non presentarsi se ha reali impegni di governo e, almeno in un caso un impegno c’è e grosso: l’undici marzo c’è un vertice europeo. Dice però anche la sentenza che se quel giorno il premier non può, lo stesso premier deve indicare altro giorno in cui può. Sarà quindi gioco a nascondino e slalom, giocando e saltando i processi slitteranno, almeno i primi tre. E il quarto, quello “Ruby”? Quello si proverà a non farlo mai, anche perchè zeppo e infarcito di prove. In ogni luogo e in ogni momento Berlusconi farà invocare lo spostamento del processo al Tribunale dei ministri. Il che significa spostarlo nel nulla perché per mandarlo a quel Tribunale ci vuole l’autorizzazione del Parlamento mediante voto dei parlamentari. Ipotesi più che marziana. Non dovesse riuscire a spostarlo nel nulla, Berlusconi proverà a tenere il processo “Ruby” in un limbo eterno o almeno lunghissimo, grazie al conflitto di competenza che sarà sollevato presso la Corte Costituzionale. Non si sa se a fare questa mossa sarà il governo stesso, oppure parlamentari della maggioranza, oppure gli avvocati parlamentari Ghedini e Longo. Ottimi professionisti ma, sia detto per inciso, anche abili confezionatori di gaffes-autogol. Il primo coniò l’espressione “utilizzatore finale” che era uno scarico penale ma anche in fondo una confessione. Il secondo si è inventato, a proposito delle donne magistrato cui in sorte, a sorteggio è bene ricordarlo, è capitato in mano il processo al premier, niente meno che la graziosa osservazione: “Le signore sono sempre gradite, a volte anche gradevoli”. Così, tanto per ricordare che una giudice è sempre una femmina.
Nel frattempo in questi cinquanta giorni Berlusconi governerà. Cercando i deputati che mancano a “quota 325” alla Camera. Cercando di scansare elezioni anticipate. Facendo sorrisi, almeno questa è stata l’intenzione e la scena del primo giorno, e facendo finta che l’essere imputato di frode fiscale, corruzione, concussione e prostituzione minorile sia una calamità maligna che le sue larghe spalle possono sopportare. Non proprio il commento di Rudy alla notizia che processo sarà. Ruby ha detto: “Non me ne frega niente”. Berlusconi ha detto “Non sono per nulla preoccupato”. Sta provando a dire che nulla lo frega. Soprattutto se riesce ad ammazzare in questi cinquanta giorni quel processo in cui dovrebbero sfilare e deporre prostitute brasiliane, ragazze dell’Olgettina, spacciatori amici delle ragazze, manager delle une e delle altre. Tutti a raccontare come mai la sera andavano ad Arcore e del capo del governo italiano avevano il numero di telefono in agenda e lo usavano pure.