Ma il problema di fondo, non tecnico ma politico stavolta, è quello che coinvolge il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e i suoi rapporti con la Corte Costituzionale. Berlusconi cominciò mettendo assieme Canale 5, comprando una serie di tv locali e, all’inizio, mandando a tutte lo stesso programma, registrato in cassetta, con dentro la pubblicità, ovviamente, uguale per tutte. Sola differenza: i programmi venivano trasmessi a orari differenziati di qualche minuto, in modo che per gli inserzionisti la trasmissione degli spot era contestuale. Poi il cambiamento: via le cassette, dentro un grande network a frequenze unificate e ponti radio (Adriano Galliani fu fondamentale in questo). Berlusconi si rafforza, subentra a Rusconi, che getta la spugna su Italia 1, salva la Mondadori comprando Rete4 che la stava facendo fallire.
Poi cerca di annettersi Repubblica, con un colpo di mano che ha le radici nel mistero, e lì cominciano i suoi guai con la giustizia e con la Corte costituzionale. Mentre le leggi (Mammì, Maccanico) si susseguono, la Corte resta abbastanza coerente con i suoi principi: bisogna tutelare il pluralismo, tre reti nazionali, su dodici disponibili in Italia, sono troppe, Rai 3 e Rete 4 devono andare sul satellite. Da questa posizione la Corte non si è mai mossa.
Poi la “svolta”, anzi, una teoria: il digitale terrestre fa venire meno i timori della Corte, perché i canali disponibili diventano centinaia, moltiplicando le frequenze che prima erano limitate, perché ciascuna frequenza si moltiplica quasi all’infinito. L’avvento della nuova era è sancito da una nuova legge, la Gasparri, che scommette sulla trasformazione dell’Italia in un paese digitale, come già accade in altri paesi europei. Le cose però non vanno tutte dritte, ci sono delle grane per i decoder, Gasparri è sostituito da Paolo Gentiloni quando la sinistra va al governo con Romano Prodi e Gentiloni sposta di quattro anni la data di avvento del digitale terrestre.
Berlusconi qui comincia a tremare. Il rischio che la Corte si accorga dei problemi dei digitale terrestre e lo metta in mora è forte, fortuna che c’è di mezzo anche la Rai e nella Rai la sinistra di governo ha più di qualche interesse, tanto più che la rete destinata al satellite è proprio quella che costituisce la roccaforte della sinistra da quando in Rai è entrato il pluralismo. Fortuna soprattutto che Prodi dura poco e Berlusconi torna a palazzo Chigi. Fra i primi atti del nuovo Governo, anticipare la scadenza del digitale terrestre e precipitare il Lazio nel caos della nuova era, fra decoder che non si trovavano e programmi che non si vedevano.
Il flop del digitale terrestre però è un dato di fatto. Aspetto economico-politico a parte, è quello tecnico che non va giù agli italiani, che hanno speso tempo e denaro per una cosa che poi è risultata in qualche modo incompleta e problematica. Altro che bunga bunga e processi, il digitale terrestre potrebbe risultare alla fine la vera sconfitta per Berlusconi che in questo progetto ha investito tutto, dai soldi alla sua stessa faccia. Se Rete4 dovesse poi diventare un canale di nicchia sbattuto chissà su quale antro satellitare, chi glielo dice alle casalinghe e alle massaie? E soprattutto agli investitori pubblicitari e ai piccoli e grandi azionisti di Mediaset?
