Perché allora l’opposizione vuole il “Governo di Transizione”? La mancanza di fantasia e creatività politica di quelle che furono le terze file del Pci e le quarte file della Dc è una prima, piccola, parziale ma non trascurabile risposta al quesito. Poi c’è la furbizia stolta di chi calcola che Berlusconi non più premier non è più protetto da “legittimi impedimenti” e quindi processabile. Ancora e sempre l’illusione nefasta di una via giudiziaria. Poi la paura delle elezioni.
Hanno allora dal loro punto di vista ragione Di Pietro e Vendola che le elezioni le vogliono subito? A parte che subito vuol dire primavera 2011, Di Pietro e Vendola vogliono sì elezioni ma di provare almeno a vincerle non hanno alcuna voglia. A meno che “vincerle” non voglia dire aumentare la percentuale di voti a Idv e Sinistra, ecologia e libertà restando ovviamente sconfitti all’opposizione. Già, perché volere le elezioni senza cambiare la geografia della proposta elettorale vuol dire farle rivincere a Berlusconi. A un Berlusconi che le vincerebbe esplicitamente contro la Costituzione vigente. Ottima prestazione per chi denuncia il “regime in atto”.
Con la legge elettorale che c’è e molto difficilmente sarà cambiata, alle elezioni l’opposizione oggi può andare solo se ci si va in quattro e non di più. Pdl e Lega alleati e dall’altra parte una forte aggregazione “centrista” e una sinistra, una sola. Il Pdl di Berlusconi “vale” nell’urna circa il 35 per cento, la Lega di Bossi il 10 per cento abbondante. Possono perdere solo se la sinistra, una sola, fa 25 e più per cento e il “centro” fa 20 per cento. Non c’è spazio per altre liste, non c’è posto per la “pluralità”. Di Pietro non vuole il “centro”, Vendola vuole la sinistra plurale. Amen.
Lo sa Berlusconi che il “Governo di Transizione” è il suo poker d’assi? Forse no, forse non se ne rende conto perchè è tutt’altro che infallibile. Può dunque incaponirsi a restare premier fino al giorno delle elezioni, può insomma sbagliare lo “scarto” nella partita a poker. Magra e tenue speranza per i suoi avversari. E i suoi avversari sapranno lasciare al tavolo solo due giocatori contro Berlusconi e Bossi? Improbabile, ai limiti dell’impossibile. Con uno strano linguaggio Berlusconi ha detto, a proposito della cacciata di Fini: “I sostenitori di una squadra si disamorano se vedono i giocatori litigare in campo e negli spogliatoi”. Purtroppo non parlava del Milan, ma dell’Italia. Ma prendiamo per buona la sua metafora, la sua cultura calcistica: contro Berlusconi è stato fischiato un fallo da rigore, l’opposizione si appresta a tirarlo fuori dalla porta. Poi palla a centro, ancora zero a zero ma quella di Berlusconi è una squadra, l’altra sono undici che giocano ognuno per conto suo. La partita dura un anno, c’è tempo. Ma se è giocata così, non c’è partita.
