Tutto inizia poco dopo le undici del mattino. L’Ansa batte la notizia che Silvio Berlusconi è indagato a Roma insieme al figlio Piersilvio, in un’inchiesta che riguarda una presunta frode fiscale a Mediaset. Nel pomeriggio trapelano le cifre: per i pm è un affare da 10 milioni di euro, frutto di prezzi gonfiati ad arte nell’acquisto dei diritti televisivi. L’inchiesta romana è lo stralcio di una storia vecchia, che risale a indagini milanesi fatte nel 2003-2004 poi trasferite a Roma per questioni di competenza territoriale.
Berlusconi indagato non è una notizia. Eppure, come accade regolarmente dal 1994, si alza il polverone. Pochi, pochissimi possono aver letto le carte eppure parlano tutti, soprattutto nel Pdl. Il leit motiv è quello della persecuzione giudiziaria, ma ci sono sfumature diverse: c’è chi è arrabbiato e scandalizzato e chi, invece, cerca di leggere dietro, capire perché questa notizia proprio in questi giorni. I collegamenti da “dietrologo” sono i più disparati: dalla presentazione della riforma della Giustizia, all’atteso pronunciamento della Corte Costituzionale previsto per metà dicembre sul legittimo impedimento.
Inizia Cosimo Izzo, vicepresidente dei senatori del Pdl. Non è passata neppure mezz’ora dalla notizia e il senatore tuona: “Una certa magistratura ha davvero stufato. Oramai lo sanno anche i bambini che quello contro Silvio Berlusconi e Mediaset è un vero e proprio accanimento giudiziario, destinato anche questa volta a svanire in un nulla di fatto”.
L’inchiesta Mediaset che vede indagato tra gli altri il premier Berlusconi ”era già nell’aria da 16 anni”, gli fa eco Raffaele Fitto, che ricorda il 1994 e l’avviso di garanzia durante il vertice di Napoli. Tra gli “arrabbiati” del Pdl c’è anche il ministro Sandro Bondi che spiega: “Ormai l’aggressione giudiziaria nei confronti del presidente Silvio Berlusconi ha raggiunto e superato cio’ che puo’ essere istituzionalmente giustificato, politicamente accettabile e umanamente sopportabile”.
Maurizio Lupi, invece, ne fa una questione politica e non rinuncia alla battuta. Per il deputato “i magistrati sono oramai la vera opposizione. Era un po’ che qualche magistrato non indagava sul presidente del Consiglio. Confesso che cominciavo a preoccuparmi… Per fortuna che esiste la procura di Roma.”
Tra i “dietrologi” si segnala Osvaldo Napoli che fa notare come la notizia dell’apertura di un filone romano dell’inchiesta arrivi ”all’indomani dell’illustrazione della riforma costituzionale della giustizia fatta al Capo dello Stato dal ministro Alfano”. ”Da oggi – aggiunge Napoli – dovremo tutti correggere il luogo comune sulla giustizia lenta e inefficace. E aggiungere: si’, ma puntuale”. Concetti analoghi a quelli espressi da Paolo Bonaiuti: ”Ancora una volta scatta la giustizia a orologeria contro il Presidente Berlusconi. Ma gli italiani hanno occhi per vedere e testa per capire”.
E’ come nel 1994, sembra gridare compatto il Pdl. Però, qualcosa è cambiato. La notizia di quell’indagine arrivò a novembre, Berlusconi si dimise a dicembre. Oggi, invece, di passo indietro non se ne parla proprio. Persino i finiani, non cavalcano l’indagine romana. Per Pasquale Viespoli e Italo Bocchino, infatti, l’iscrizione di Berlusconi nel registro degli indagati “non cambia nulla nel quadro politico”. La politica, insomma, si è abituata al Berlusconi sotto inchiesta. E, probabilmente, anche gli italiani.