Per il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nel Pdl non esiste nessuna “questione morale”. Lo aveva detto all’indomani dello scoppio dell’inchiesta sulla P3 definendo “quattro sfigati” i protagonisti della vicenda, lo ha ribadito nella mattinata di lunedì 19 luglio in un discorso agli studenti di un’università nel Comasco.
“Su cento persone, una, due, tre, anche quattro, che non siano angeli, si trovano sempre, in qualsiasi categoria, nei carabinieri come fra i sacerdoti, come in altri settori” ha spiegato il premier che continua imperterrito nell’opera di minimizzazione della vicenda giudiziaria sulla presunta P3. Sul nomignolo “Cesare”, usatio dai quattro per riferirsi a Berlusconi, secondo un’informativa dei Carabinieri, invece, neppure un accenno.
Il premier, poi, sempre agli studenti ha parlato di “riorganizzazione” della maggioranza. Riorganizzazione che per Berlusconi non serve, “almeno per quanto riguarda l’onestà del partito”. Un complemento di limitazione certamente non casuale, quello del premier che vuol chiaramente dire che, se gli equilibri nel partito cambieranno non sarà certo per le inchieste giudiziarie ma perché, magari, prima o poi si troverà il modo per sbattere fuori dalla porta lo scomodo Gianfranco Fini e la sua pattuglia di fedelissimi. Ovvero quelli che con più insistenza negli ultimi giorni hanno sollevato il problema della questione morale nel Pdl.
“Se c’è qualcuno che non vuole restare nel partito è libero di andarsene, nessuno lo trattiene” ha detto Berlusconi agli studenti. I vari Fini Bocchino e Granata, c’è da scommettersi, non lo accontenteranno. E quindi, almeno nel breve periodo nel Pdl sembrano destinate a rimanere quelle che sempre il presidente del Consiglio ha definito, “piccole incomprensioni”.