ROMA-Chiamatela se volete ipocrisia, ma no, non è quella, è un’altra cosa. Cosa sia decidetelo voi, stiamo ai fatti. I fatti sono un condannato per tangenti e reati affini a quasi tre anni di pena. Mica ieri, condannato tanti anni fa. Questo condannato aveva, questi i fatti, ogni “passi” possibile in questo paese. Con lui parlavano e si consigliavano quelli di Palazzo Chigi, quelli dei Ministeri, quelli della Rai, quelli delle imprese pubbliche e private, quelli dei giornali, quelli del Parlamento. Tutti accettavano e cercavano appuntamenti e incontri con lui, non per prendere un caffè ma per trattare di affari. E tutti lo sapevano, proprio tutti, anche il semplice cittadino che si fosse preso la briga e la fatica di leggere un giornale in tanti anni. Imbastivano reati, preparavano e perpetravano illeciti? Mettiamo di no, facciamo di no, sgombriamo il campo da questo “equivoco”. Mettiamo che tutto fosse legittimo e innocente. Ma come si chiama quella cosa per cui deputati, ministri, ufficiali e sottufficiali in divisa, magistrati e imprenditori hanno trovato naturale e ovvio per anni il “passi” universale per un condannato per tangenti? Ditelo voi come si chiama, però un momento prima di cercare e usare la parola che vi sembra giusta ricordate che l’intero “Palazzo” e anche la “Gente” nulla ha trovato da ridire nel “passi” universale di cui godeva Luigi Bisignani. Ipocrisia no, impunità nemmeno. Abitudine, assuefazione, complicità, opportunità, opportunismo, rassegnazione. ammirazione, condivisione? Trovatelo voi il nome giusto a quella cosa per cui il “passi” al condannato per anni e anni a Bisignani glielo ha dato più o meno, più che meno, l’Italia tutta.