ROMA – Il test elettorale, al di là della prova muscolare tra i due poli, servirà a comprendere se il famoso Terzo Polo avrà un futuro. In realtà è rimasto un po’ sotto silenzio che in queste elezioni (a parte le quattro città vetrina, Milano, Torino, Napoli, Bologna), i partiti del Terzo Polo hanno proceduto in ordine molto sparso. Sulla Stampa Fabio Martini osserva che “su 40 comuni capoluogo Udc, Fli e Api si sono alleati solamente in altre tre realtà (Arezzo, Siena, Treviso), mentre il partito di Casini ha preferito nettamente alleanze col Pdl (in 12 città), rispetto a quelle col Pd (tre). E quanto al Fli di Fini, è il più isolato dei tre partiti centristi: il veto posto a tutti i livelli dal Pdl, ha precluso ogni alleanza a destra (tranne Fermo) e dove il Fli è riuscito a presentare il proprio simbolo, in ben 11 realtà ha scelto la soluzione autarchica. Quanto all’Api di Francesco Rutelli e Bruno Tabacci ha preferito le alleanze a sinistra. Dunque, il Terzo polo c’è dove si vede, mentre dove non si vede, prende mille rivoli”.
Al Terzo Polo serve che in qualcuna delle quattro grandi città chiamate al voto la sfida per il sindaco si trascini al ballottaggio. Per Francesco Verderami del Corriere della Sera “è l’unico modo per dimostrare di essere determinante e per tentare di scardinare un bipolarismo in crisi”. Il problema, nel caso, sarebbe con chi schierarsi. A Milano, per esempio, si deciderà solo dopo i ballottaggi: molto probabile l’indicazione agli elettori di esprimersi con libertà di coscienza visto che Moratti è considerata ormai “estremista” senza che però ci sia stata una pronuncia favorevole verso Pisapia (“non è il candidato giusto” l’aveva liquidato Casini).
“Le intese si fanno con coloro che condividono un obiettivo: non ha senso chiederci con chi, semmai va chiesto per che cosa” ha ripetuto in questi giorni Fini. Il ballottaggio di Milano potrebbe però mettere in difficoltà la nuova alleanza. Verderami: «Le prime e vistose crepe sono emerse nel Fli, dove Urso da tempo ha manifestato l’intenzione di sostenere “donna Letizia” al secondo turno, mentre Granata vede nel voto di Milano “un modo per accelerare la crisi del berlusconismo” e Bocchino ritiene “molto difficile un avvicinamento alla Moratti”.
Per Casini (come per Fini e ancor di più Rutelli) schierarsi con la Moratti vorrebbe dire consegnarsi a una prospettiva di centrodestra, che tutti oggi rifiutano. Per Verderami “appoggiare Pisapia farebbe capire che per Rutelli (ma soprattutto per Casini e Fini) non ci sono più confini a sinistra per future intese di governo. Lasciare libertà di voto sarebbe come mettere i consensi “in freezer”, con il rischio di dilapidare quel patrimonio, a meno di non prefigurare per tempo una corsa solitaria alle prossime Politiche. C’è poi un’opzione che – se venisse attuata – segnerebbe subito la crisi della nuova alleanza: perché a Milano l’Udc ha presentato una propria lista, distinta da quella civica dove sono confluiti Fli e Api. È immaginabile che al ballottaggio le strade si dividano?”
Particolarmente interessante è il caso di Latina, “terra di cultori del Duce che ha sempre votato negli ultimi 18 anni sindaci con la camicia nera”. Qui il candidato del Pdl Giovanni Di Giorgi (43 anni, architetto, consigliere regionale, “già camerata”) è appoggiato dall’Udc. Può succedere, anzi è molto probabile, che sia costretto al ballottaggio: testimonial lo scrittore Antonio Pennacchi (premiato con lo Strega per Canale Mussolini), i “fasciocomunisti” locali hanno già fatto sapere che in quel caso sosterrebbero il candidato del centrosinistra Claudio Moscardelli (48 anni, avvocato, ex Dc, poi Ppi, Margherita, Pd). Berlusconi accetta la sfida: “Vogliono fare qui quello che sognano in Italia, un listone fascio comunista, tutti contro il sottoscritto, ma gli daremo una lezione”.