ROMA – La parzialità dei dati suggerisce cautela, ma a cinque giorni dalla chiusura delle urne del voto amministrativo si inizia a capire davvero chi ha vinto e chi ha perso. E non mancano le sorprese, intese come dati che, dai primi numeri, sembravano assai meno evidenti. Il vero sconfitto, infatti, almeno al nord potrebbe essere la Lega che in termini di voti esce dalla tornata elettorale peggio del Pdl.
L’analisi del voto, che non mancherà di far discutere, la firma Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore. Prima le avvertenze preliminari: i numeri sono parziali, riguardano solo i 23 capoluoghi di provincia in cui si è votato, e non possono costituire la base per una valutazione complessiva. Per capire definitivamente chi ha vinto e chi ha perso, spiega l’analista, bisognerà attendere almeno i dati relativi a tutti i comuni più piccoli, quelli in cui la Lega Nord è forte e sembra aver tenuto.
La Lega, appunto. Quella che guardando ai numeri dei capoluoghi sembra a sorpresa la vera grande sconfitta. Scrive infatti D’Alimonte che il partito di Bossi nei capoluoghi passa da 137 mila a 108 mila voti. Ovvero ne perde quasi 30 mila che è il 21%. Negli stessi comuni arretra anche il Pdl, ma molto meno, circa dell’8%. Altro aspetto nuovo, sempre al Nord, è che il Pd, per la prima volta dopo qualche anno recupera voti. E non pochissimi: circa il 32%. Gran parte dei quali, precisa D’Alimonte, i democratici li recuperano all’Italia dei Valori che in un anno ha dimezzato i consensi.
Lo scenario cambia parzialmente nei capoluoghi del centro e del sud: qui il Pdl perde pesantemente consensi, -31% nella zona centrale, -20% al sud. In queste aree, però, precisa D’Alimonte, la situazione è complessa: al centro il Pd è in aumento lievissimo mentre al sud perdono tutti i partiti tradizionali, compresi i democratici.
Un’ultima riflessione D’Alimonte la dedica al Movimento a Cinque Stelle di Beppe Grillo. Dati parziali, è vero: ma i numeri dicono che il modello di comunicazione dei grillini, almeno nei grandi centri funziona. Al nord i Cinque stelle hanno preso il 3,8%, al centro addirittura l’8,2%. Con numeri così un minimo di superbia (Grillo si è detto pronto per governare) è lecita.