Brusca frenata e marcia indietro degli afghani sulla vicenda dei tre operatori di Emergency fermati, con altre sei persone, a Lashkar Gah in Afghanistan con l’accusa di aver partecipato a un complotto per uccidere Goulab Mangal, governatore della provincia di Helmand.
Fino alle prime ore di lunedì 12 aprile si era parlato di una presunta confessione dei cooperanti, stando alle parole del portavoce della stessa provincia, Daoud Ahmadi, citato dal Times. Ma Kabul frena: l’inchiesta dei servizi di informazione afgani sulla vicenda è ancora in corso, dichiara all’Ansa il portavoce del ministero dell’Interno a Kabul, Zamaray Bashary: «Le indagini continuano e – aggiunge – per il momento non si può fare alcuna ipotesi sugli sviluppi».
E’ lo stesso portavoce del governo di Helmand, Daud Ahmadi, a correggere il tiro in un colloquio con l’Ansa: «Il Times di Londra – dice Ahmadi – mi ha citato in modo sbagliato, soprattutto per il riferimento di un legame fra gli italiani ed Al Qaida, ed oggi ha chiesto scusa. Tutto quello che ho da dire è quello che ho dichiarato il primo giorno, e non aggiungo altro perché le indagini sono ancora in corso».
Annunciando l’arresto di nove persone, Ahmadi aveva precisato che le armi trovate nell’ospedale di Emergency servivano per un complotto pro-talebani teso fra l’altro ad uccidere il governatore Goulab Mangal. Commentando poi la visita dell’ambasciatore italiano Claudio Glaentzer, il portavoce ha detto che il diplomatico ha incontrato il governatore Mangal a cui ha ribadito «la fiducia delle autorità italiane nelle leggi afghane», chiedendo comunque «una accelerazione delle indagini per poterne conoscere i risultati al più presto».
«Comunque spetta al governo centrale – ha concluso Ahmadi – decidere se rilasciare i tre fermati in Helmand o trasferirli a Kabul».
La Russa. Gino Strada dovrebbe essere più prudente e “evitare di accusare il governo afghano, di gridare al complotto della Nato e di tirare dentro il governo italiano”. Sarebbe più saggio se “prendesse le distanze dai suoi collaboratori”, perché “può sempre succedere di avere accanto, inconsapevolmente, degli infiltrati”. Lo afferma il ministro della Difesa Ignazio La Russa in un’intervista a La Stampa, nella quale paragona il caso che ha scosso l’Ong Emergency a quello di altri “infiltrati”, come le Br con il Pci o i Nar con l’Msi.
Per il ministro, in ogni caso, “la storia del complotto non sta in piedi. Se le autorità afghane – afferma – avessero fatto un imbroglio contro Emergency ci saremmo arrabbiati anche se il loro orientamento politico è noto a tutti. Quanti esponenti di sinistra abbiamo salvato negli scenari di guerra?”.
Se venisse accertata la colpevolezza degli operatori italiani, per La Russa, “il danno per l’Italia militarmente impegnata in Afghanistan sarebbe gravissimo”. Infine, il ministro fa un accenno alle riforme allo studio del governo, definendo la visita di Calderoli al Quirinale come un’accelerazione e il suo progetto come un qualcosa di definitivo, ma “qui di definitivo non c’é niente” precisa. Quanto ai contrasti interni al Pdl, La Russa si limita ad auspicare il ritorno di “un clima sereno”.
Gino Strada. La presunta confessione degli operatori umanitari di Emergency arrestati in Afghanistan accusati di stare preparando un attentato ad un governatore locale è “la solita coglionata afgana, un cliché piuttosto vecchio, già visto troppe volte”. A parlare, in un’intervista a La Stampa, è Gino Strada, leader di Emergency che sull’innocenza degli italiani metterebbe la mano sul fuoco e definisce l’arresto “una manovra coordinata”, per la presenza, oltre ai servizi segreti afgani, anche dei militari dell’Isaf. L’auspicio di Strada è che “non ci sia stato alcun coinvolgimento” del governo italiano.
“Spero con tutto il cuore – afferma parafrasando le parole del ministro Frattini – che il governo italiano non ne sapesse niente” e poi definisce “ridicole” le accuse del capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri, sui contatti “opinabili” di Emergency in Afghanistan.
La vera ragione che sta dietro all’arresto, secondo Gino Strada, è che Emergency è “un testimone scomodo in un Paese occupato militarmente”, dove “la guerra al terrorismo in realtà sta facendo molte vittime tra i civili inermi”. Si tratta “di un copione già visto e stravisto più volte”.
Frattini. “Mi sembra che ci sia stata una notizia erronea data da un giornale – è il commento del ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini – e non una marcia indietro degli afghani”.
Per Frattini si tratta di “un caso di cattiva informazione resa all’intero mondo. Mi rallegro della sostanza, spero – ha aggiunto – che sia una lezione che eviti il ripetersi di un caso del genere”.
“Gli afghani – ha ricordato il ministro – hanno detto: ‘noi non abbiamo mai collegato gli italiani ad Al Qaida’, invece, c’é un giornale che l’aveva dato per scontato”.
Firme. Sono oltre 30 mila le adesioni raccolte in poche ore dall’appello di Emergency a sostegno dell’attività della ong in Afghanistan. L’appello, ‘Io sto con Emergency’, è riportato anche in lingua inglese sul sito dell’organizzazione (www.emergency.it). Fra le adesioni, il generale Fabio Mini, i giornalisti Gianni Mura ed Ettore Mo, la cantante Fiorella Mannoia, il governatore della Regione Puglia Nichi Vendola, la consigliera comunale di Milano Milly Moratti, don Gino Rigoldi, e il giornalista di FareFuturo online Filippo Rossi.
Nell’appello, lanciato ieri sera, si ricorda la vicenda dei nove operatori fermati a Lashkar-gah il 10 aprile, di cui tre italiani, e che Emergency è un’organizzazione “indipendente e neutrale. Dal 1999 a oggi ha curato gratuitamente oltre 2.500.000 cittadini afgani e costruito tre ospedali, un centro di maternità e una rete di 28 posti di primo soccorso”.