Chi sia questa persona Belpietro non dice, ovviamente a tutela del “segreto professionale”. Quanto agli accertamenti, poichè nel suo articolo Berlpietro scriveva che il finto attentato sarebbe avvenuto durante una visita ufficiale di Fini ad Andria, troppa fatica e troppom incongruo con il suo ruolo di giornalista deve essere apparso a Belpietro accertare niente meno se quella visita ufficiale fosse nel calendario ufficiale. Infatti non c’era e non c’è. Ma Belpietro insegna che un giornalista “non si giudica da questi particolari”. Un giornalista vede uno passare in redazione, questo gli racconta (su appuntanento, per caso, alla macchinetta del caffè, in ufficio?) che un altro va a puttane e prepara un finto attentato o forse glielo preparano, non si sa. Un giornalista allora che fa? Ma che diamine, lo scrive e sbatte in prima pagina. E trova pure purtroppo una certa solidarietà della corporazione che sentenzia: “Pubblichiamo tutto, è nostro dovere”. E’ tempo dunque di inuagurare in ogni scuola di giornalismo un nuovo corso, una nuova facoltà , un nuovo insegnamento: pubblica quel che non sai, fuggi come la peste ogni minima verifica e accertamento, vedi l’effetto che fa e poi nascondi la mano e invoca la libertà di stampa.
