Ma il problema non è personale né umano, è politico.
Che i giovani, quelli nati negli anni 80 e successivi, ci caschino, posso anche capirlo, ma che questo avvenga per gente della mia generazione proprio non so darmene ragione.
Siamo stati educati ai valori della Resistenza; negli anni 70 non diventavi direttore di giornale se non ti dichiaravi “laico, democratico, antifascista”; nel 1977 la redazione della Stampa non fece uscire il giornale per impedire che fosse pubblicato l’annuncio, una colonna in cronaca, di un comizio di Giorgio Almirante, il padrino politico di Fini, quello che lo ha scelto e unto.
Possibile che si sia trattato solo di una gigantesca presa in giro? Possibile che si sia trattato soltanto di propaganda e che anche l’antifascismo si sia sgretolato insieme con il muro di Berlino?
Però la licenza di tabaccaio a mio padre perché non era fascista chi l’ha negata, mio cugino a morire con le scarpe di cartone ai piedi nelle steppe dell’Ucraina chi ce l’ha mandato?
Lo stesso discorso vale dall’altra parte. Per mezzo secolo, a torto o a ragione, ci sono alcuni milioni di italiani che hanno continuato a credere nel fascismo, per i cui principi migliaia e migliaia sono morti. In milioni, in libere democratiche elezioni hanno votato il partito che proponeva, nella nostra repubblica, le idee della repubblica sociale di Salò (e in effetti quelle idee hanno permeato la nuova Italia più di quanto ci abbiano mai lasciato capire i successori).
Possibile che tutta questa gente sia stata poi colta da un pentimento collettivo, abbiano scoperto tutti assieme che era tutto uno scherzo?
Possibile che la classe dirigente, di sinistra e di destra, ci abbia rotto i timpani per mezzo secolo senza alcun fondamento, senza alcuna idea, senza alcuna fede e oggi ci possano dire impunemente”abbiamo scherzato”?
Possibile che la via di Damasco passi per Montecitorio? Non c’è dubbio che 17 anni sono tanti e che nel frattempo anche il comunismo è morto e la gran parte dei comunisti hanno comunque abiurato. Ma ci hanno educato al fatto che fascismo e comunismo non erano la stessa cosa e ricordo ancora, proprio 17 anni fa, l’urlo al telefono di Scalfari che diceva: “Ma ci pensi? Un fascista in Campidoglio!”, quando Fini sembrava avere forti probabilità di diventare sindaco di Roma, con l’appoggio allora esterno di Berlusconi, all’inizio di un lungo sodalizio che un po’ troppo tardi per i miei gusti si è rotto.
Certo Fini e i suoi uomini, se non hanno trovato la verità sulla via di Damasco, hanno certamente trovato una loro Lourdes nella piscina di Arcore, che li ha messi in gioco, li ha portati all’onor del mondo, ha fatto sì si che da “topi da fogna”, definizione antifascista di vent’anni fa, siano diventati ministri, presidenti e oggi uno di loro possa spavaldamente mettere il cappello sulla carica politica più importante, quella di primo ministro. Questo è un grande merito storico di Berlusconi, che quasi per magia ha svelenito mezzo secolo di postumi di quella che in parte è stata una guerra civile, certamente fratricida.
Questa è stata anche una grande colpa storica di Berlusconi, che ha rimesso in gioco e ridato vita a un partito unico al mondo, peraltro sancito fuorilegge dalla Costituzione, inevitabilmente destinato a una crescente marginalità e invece rifiorito con nuovo sangue trasfuso dall’ex partito socialista e altri tronconi di politica.
Non mi pare che questi pensieri occupino né preoccupino più di tanto.
