E’ tutto pronto a Mirabello per accogliere Gianfranco Fini e sentire cosa dirà. I suoi, già da ieri, l’hanno ribadito: Fini tornerà a confermare la fiducia alla maggioranza e punterà a proporre a Berlusconi una “alleanza” tra Pdl e Fli.
Tradotto, per il Cavaliere: dover mediare ogni giorno con l’ex cofondatore, su tutti i temi. Ma come si dà per scontato che Fini oggi dal palco di Mirabello non romperà l’alleanza, non darà il pretesto a Berlusconi per dire “E’ stato lui a rompere, è colpa sua se c’è la crisi di governo”, è altrettanto sicuro che Berlusconi aspetta al varco, guardingo, e guardando al voto anticipato come extrema ratio.
Lo strappo nella maggioranza c’è stato e c’è ma nè finiani, nè berluscones vogliono un ritorno alle urne così affrettato. Da una parte Fini e i suoi ancora non si sono strutturati e rischierebbbero addirittura di non passare il quorum in Parlamento. Dall’altro, se Berlusconi “di pancia” vorrebbe mandare tutto all’aria e ricominciare, “di testa” sa che nuove elezioni vorrebbero dire almeno due cose: primo, che il Parlamento non farebbe in tempo ad approvare una legge (sia essa il processo breve o il Lodo Alfano costituzionale) che lo “tuteli” dai processi che ha ancora in corso (Mediaset, Mediatrade e Mills); in seconda battuta il Cavaliere sa bene che, dopo un anno passato tra litigi e tira e molla con Fini, andare alle elezioni adesso vorrebbe dire regalare, se non la maggioranza, un bel pacco di voti alla Lega. I sondaggi, infatti, danno il Pdl addirittura al di sotto del 30% e andare in queste condizioni alle urne vorrebbe dire consegnare nelle mani di Bossi lo scettro del comando. Tanto è vero che l’unico in questa partita che spera nelle elezioni anticipate è proprio Umberto Bossi. Ma anche Bossi a sua volta non saprebbe come affrontare gli hard core della sua base senza nemmeno un’ala, se non tutta la pernice, del federalismo, dopo averne parlato e straparlato in tutti questi anni e mesi e giorni.
Proprio in quest’ottica deve essere visto il “cedimento” fatto sabato da Berlusconi quando ha detto: via dai cinque punti del programma del Pdl (quello su cui il premier è intenzionato a chiedere la fiducia alle Camere). Un annuncio che ha lasciato sbaragliati tutti, anche i più vicini a Berlusconi come Angelino Alfano e Niccolò Ghedini. Ma, a dire la verità, ci sono tre motivazioni che hanno portato a quest’annuncio. La prima è quella che abbiamo appena detto: Berlusconi ha ceduto su un punto così da evitare un ritorno alle urne e “mediare” con Fini. Allo stesso modo i suoi uomini dicono che nella mente di Berlusconi la mossa è servita per “spegnere” la miccia del discorso di Fini a Mirabello, atteso per le 18.30 di domenica. “Adesso la rottura sarà solo colpa sua – ha ragionato Berlusconi con i suoi – questa Fini non se l’aspettava proprio eh?”.
Ma c’è un terzo motivo che ha spinto Berlusconi a “rinunciare” al processo breve: il fatto che non gli conviene più. Dopo il colloquio al Quirinale tra Giorgio Napolitano e il Guardasigilli Angelino Alfano, Berlusconi si è convinto che, pur facendo approvare il disegno di legge dalle Camere, la vera opposizione alla legge la farà il Capo dello Stato. Tanto vale allora, questo il ragionamento del premier, lasciar perdere una legge che tanti scontri ha creato nella maggioranza e soprattutto che ha fatto perdere al Pdl tanto consenso.
Come raccontano i bene informati sembra che proprio su questo punto Berlusconi si sia adirato con Alfano e Ghedini: “Adesso basta con tentativi che vanno a vuoto e provocano solo tensioni politiche – avrebbe detto, come racconta la Repubblica – Se siete capaci, fate la legge giusta e che possa stare bene a tutti, Quirinale compreso”.
E questa legge “giusta” potrebbe essere il ddl di Enrico Costa (Pdl) che verrà presentato in settimana. L’obiettivo dei legali del premier è far sì che tutti e tre i processi pendenti del Cavaliere cadano in prescrizione. E come? Ottenendo, ad esempio, liste di testimoni lunghissime e non utilizzando le sentenze definitive, proprio come stabilisce la legge Costa.