
ROMA – Sardegna e Friuli Venezia Giulia, regioni a statuto speciale, si rifiutano di contribuire al bilancio pubblico della sanità, facendo affidamento proprio sul loro status, e così le altre Regioni sono costrette a pagare per loro.
I soldi che mancano all’appello del Fondo sanitario nazionale sono 422 milioni, spiega Luca Cifoni sul Messaggero. Sono quelli che servirebbero per arrivare ai 113 miliardi del Fondo sanitario per il 2017 annunciati dal governo Renzi lo scorso autunno, con un aumento di due miliardi.
Ma nella fase delle trattative tra le Regioni per dividersi le risorse disponibili, è venuto fuori che Friuli e Sardegna non ne vogliono sapere di mettere i soldi, come spiega il Messaggero:
Trattandosi appunto di enti a statuto speciale il dettaglio dei sacrifici doveva essere definito in specifiche intese con il governo, ma le due Regioni hanno scelto una strada diversa, contestando i tagli richiesti anche di fronte alla Corte costituzionale, in nome della propria autonomia. Stessa scelta fatta quest’anno rispetto alla legge di Bilancio per il 2017. La sanità assorbe gran parte del bilancio delle Regioni, sia di quelle a statuto ordinario che a statuto speciale e così accade frequente che i risparmi richiesti a questo livello della pubblica amministrazione si riflettano sulla spesa per la salute.
Il governo ha quindi dovuto recuperare i 422 milioni tagliando la dote complessiva del Fondo e spalmando su tutte le Regioni il sacrificio rifiutato da Friuli e Sardegna.
E se il ministero della Salute parla di una procedura prevista da un’intesa in Conferenza Stato-Regioni, non la pensa così Massimo Garavaglia, assessore al Bilancio della Lombardia e coordinatore dei suoi colleghi, secondo il quale il governo avrebbe dovuto farsi carico direttamente di questa voce.
Spiega il Messaggero:
Garavaglia ha fatto notare che di fatto dalla cifra complessiva del Fondo vanno tolti anche i 400 milioni che dovranno essere utilizzati per i rinnovi contrattuali, mentre uno dei 113 miliardi è vincolato, seppur ad una finalità molto importante: quella di garantire al servizio sanitario nazionale la possibilità di acquistare farmaci innovativi. Sottraendo dal conto anche queste risorse, si arriverebbe ad una somma solo di poco superiore ai 111 miliardi del 2016.
I sindacati temono che questa sforbiciata avrà ricadute sui Lea, i livelli essenziali di assistenza (ovvero le prestazioni sanitarie garantite a tutti i cittadini dallo Stato). Ma la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, smentisce che sia così: “Il decreto recante i nuovi Lea ha adeguata copertura finanziaria, con l’imminente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale si potrà finalmente aprire una nuova era per tutti gli assistiti del Servizio Sanitario Nazionale”.