ROMA – La Giunta del Regolamento della Camera ha ritenuto a maggioranza che la Camera non può andare avanti con l’esame del rendiconto di bilancio dello Stato. L’articolo 1, è stato stabilito, preclude i restanti articoli, e l’iter è da considerarsi pertanto concluso. Quindi anche la discussione del documento economico finanziario che avrebbe dovuto impegnare il Senato. Incidente di percorso o trappola politica che sia, il capitombolo del Governo sul Rendiconto di Bilancio è diventato un rebus giuridico. Berlusconi vuole ripresentarsi subito, al massimo oggi o domani alle Camere per ottenere un nuovo voto di fiducia riparatore. La decisione della Giunta complica la situazione. La conferenza dei capigruppo può ancora ribaltare la decisione della Giunta, ma alla Camera poi servirebbe una maggioranza dei due terzi, che il Governo non ha. Il premier confida in una sponda del Quirinale per uscire dal cul de sac, Napolitano ha fatto sapere, pubblicamente oggi, che il problema è verificare se, come afferma Berlusconi, il Governo può contare su una maggioranza parlamentare, visto il voto di ieri e le oggettive fibrillazioni in atto.
Tre erano le vie d’uscita possibili. La maggioranza poteva mettere la fiducia sul rendiconto 2010 privo dell’articolo 1 bocciato ieri. per poi inviare il testo al Senato per la seconda lettura. Un’altra ipotesi prevedeva di approvare tutti gli articoli del Rendiconto e inviare la legge al Senato. Palazzo Madama avrebbe potuto così reinserire l’articolo 1 e rimandare il provvedimento alla Camera. L’ultima via di uscita, quella più drammatica per le sorti dell’attuale esecutivo, resta che il Presidente del Consiglio presenti le dimissioni al Capo dello Stato. A questo punto, visto che l’iter per l’approvazione del documento è concluso, per compiacere l’invito di Napolitano a contarsi, Berlusconi non resta che chiedere la fiducia al Governo.
Da un punto di vista politico la questione non è meno complicata. Il Rendiconto di Bilancio bocciato ieri, si riferisce all’esercizio del 2010, ma blocca automaticamente anche l’assestamento dell’anno in corso (2011) nonché la legge di stabilità per l’anno successivo. Un grave impasse che di fatto paralizza la gestione della finanza pubblica.
Esistono dei precedenti: in situazione analoghe, i presidenti del Consiglio Andreotti e Goria si dimisero. Le opposizioni battono ovviamente su questo tasto; nel 1988 Goria prese la parola in aula e annunciò le proprie dimissioni, Andreotti preferì salire al Quirinale e rassegnare il mandato al Capo dello Stato. L’articolo 81 della Costituzione, inoltre, prevede espressamente che le Camere approvino ogni anno il bilancio e il Rendiconto: non farlo interrompe il rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento. Tuttavia nella Costituzione l’unico obbligo giuridico che disciplina le dimissioni riguarda l’articolo 94, che parla solo di un governo battuto su un voto di fiducia.
Il premier Berlusconi ha parlato di ”un problema tecnico risolvibile”. L’ex ministro del governo Prodi Linda Lanzillotta osserva invece che “quando viene bocciato il Rendiconto di un Comune, questo viene sciolto”. Se sarà accolta la tesi di Berlusconi e avallata dal suo capogruppo alla Camera Cicchitto, il provvedimento, una volta approvato dalla Camera tornerebbe al Senato che, a sua volta, potrebbe ripristinare il testo originale per il quarto e, si spera, definitivo passaggio a Montecitorio. Qualcosa di simile, per certi versi, avvenne nel 2003 quando passò alla Camera un emendamento del Pd che cambiava l’articolo 1 della Finanziaria con i saldi: anche in quel caso il testo originale fu ripristinato in Senato. In caso di responso negativo in Giunta, al Tesoro si studia il piano B: inserire le cifre del Rendiconto nella legge di Stabilità 2012 anticipando quest’ultimo provvedimento.