ROMA – Le mani nelle tasche degli italiani? Sì, giù fino al cavallo dei pantaloni. Prendiamo il risparmio, i soldi risparmiati. Magari risparmiati in dieci, venti anni. Quanto può risparmiare una famiglia in cui lavorano marito e moglie in un paio di decenni, risparmiare con uno stipendio da scarsi duemila euro ciascuno? Quanto può risparmiare un lavoratore che va in pensione e si vede pagato dall’azienda il trattamento di fine rapporto, insomma la liquidazione? A quanto può ammontare il risparmio di un mezza vita di lavoro o di una vita intera? Diecimila euro? Forse sono pochi. Centomila? Forse sono troppi. Facciamo metà, facciamo cinquantamila euro di risparmi. E che ci fa una famiglia con cinquantamila euro di risparmi? Il più delle volte ci compra titoli di Stato perché con cinquantamila euro non ci compri certo una casa né ti avventuri a comprare azioni in Borsa. Ci compri cinquantamila euro di Bot o Btp, li tieni di riserva e conti di incassare ogni anno le cedole, gli interessi. Bene, dal 2013 le mani ficcate in tasca al risparmio si prenderanno circa il 45 per cento di quelle cedole, di quegli interessi.
Nel 2013, tra un anno e mezzo, si può supporre che la cedola pagata da titoli di Stato di durata triennale sia di circa il tre per cento. Fanno 1.500 euro l’anno se il risparmio investito è appunto di cinquantamila euro. Tre per cento che, se tutto va bene, anzi benissimo, sarà un filo sopra l’inflazione da calcolare intorno al due per cento più o meno abbondante. Comprando cinquantamila euro di titoli di Stato il risparmiatore difende il valore del risparmio, calcolata l’inflazione ci guadagna circa l’un per cento, 500 euro “reali” all’anno. Ma dal 2013 non sarà più così, i conti vanno rifatti e sono amari. Dei 1.500 euro di cedole, di interessi incassati, il fisco ne prenderà il 20 per cento, cioè trecento euro. E fin qui… succede in tutta Europa. Ma dal 2013 lo Stato vorrà altri 380 euro di tassa, tassa solo per avere un deposito titoli che solo la demagogia può raccontare come “ricco” perché ammonta niente meno che a cinquantamila euro.
Trecento euro di trattenuta fiscale più 380 euro di tassa sul deposito, totale 680 euro. Dei 1.500 euro di cedole, di interessi riscossi sul risparmio ne restano 820. Il fisco se ne prenderà il 45 per cento circa e gli 820 euro che restano al risparmiatore configurano una cedola netta di circa l’uno e mezzo per cento. Con l’inflazione sopra il due per cento la difesa del risparmio è aggirata e il valore del risparmio si assottiglia di anno in anno. E non per i “ricchi” ma per chi ha risparmiato in anni e anni niente meno che cinquantamila euro.
Necessario perché lo Stato rischia il peggio indebitato com’è? Forse e forse no. Di certo durissimo, quasi crudele. E soprattutto insopportabile nella forma ammesso che sia sopportabile nella sostanza. Quarantasette miliardi di euro, a tanto ammonta la manovra, non si fanno gratis e senza far male a nessuno. Illuso chi ci crede. E infatti paga il risparmio, pagano i pensionati… Ma il sotterfugio di raccontarci che nulla succede, che “non ci mettono le mani in tasca”, questo è proprio la beffa oltre al danno. Oltre che di bilancio c’è, enorme, un altro deficit: di coraggio civile, di verità, di dignità di governo. Se si prendono il 45 per cento degli interessi sul risparmio di una famiglia potevano, dovevano dirci almeno il perché e assumersi la responsabilità di dire che altra via non c’è. Invece c’è la presa in giro di dire che non prendono nulla. Le mani nelle tasche degli italiani, giù fino al cavallo dei pantaloni le infilano di nascosto, come borseggiatori. Potevano, dovevano farlo da governanti. Forse avremmo perfino capito.