Tagli su tagli, eppure quelli ai costi della politica dovranno ancora attendere e in alcuni casi, non arriveranno mai. Il decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ne è la prova. Se, infatti, sarà cancellata quella legge che versava ai partiti i rimborsi elettorali per l’intera legislatura, ciò non accadrà con effetto immediato.
Per mettere “a dieta” i partiti – spiega in un editoriale Gian Antonio Stella sulle pagine del Corriere della Sera, bisognerà aspettare fino ai prossimi rinnovi del Senato e della Camera (fra tre anni), dell’Europarlamento (fra quattro) e dei consigli regionali (fra cinque, per la maggior parte).
Stesso discorso per il taglio ai rimborsi elettorali, che scatterà nei prossimi anni ed è stato ridotto al minimo. Il rimborso elettorale ai partiti diminuisce del 10%. Piccoli tagli a rimborsi milionari, dunque. Intanto, però, i tagli ai cittadini – come il blocco dei salari così necessari alle famiglie – arrivano fin da subito.
Non scatterà proprio, invece, l’abolizione di quella norma che consente a chi sostiene economicamente un partito di ottenere enormi sgravi fiscali: addirittura 51 volte superiori a chi scegliesse di donare il suo denaro alla ricerca sul cancro o alla cura di bambini leucemici.
I partiti, inoltre, va considerato, in Italia oggi sono circa 156 e pesano. “Ogni francese contribuisce al mantenimento dei partiti con circa 1,25 euro – spiega Stella – ogni tedesco con 1,61, ogni spagnolo con 2,58”, mentre ogni italiano contribuisce con 3 euro e 38 centesimi negli anni “normali” come il 2006, addirittura 4 e 91 centesimi negli anni di doppia razione grazie all’infernale meccanismo in fase di soppressione”. Più che cvomitati elettorali foraggiamo, con denaro pubblico, comitati d’affari.
Un contributo più che sostanzioso, se si pensa che negli Stati Uniti, il finanziamento pubblico alle forze politiche è limitato alla campagna presidenziale (ogni 4 anni), ed è di 50 centesimi ad americano.
