ROMA- L’annuncio arriva a sorpresa in un’intervista al Corriere della Sera. Dice il ministro Maria Elena Boschi che la prossima riforma riguarderà “il conflitto di interessi”. E che la riforma verrà iniziata a breve: “Chiederemo la calendarizzazione in Aula entro giugno”. Boschi nell’intervista parla soprattutto di riforma costituzionale spiegando che “il testo non è blindato. Siamo pronti a un confronto vero, su varie ipotesi”.
Ma a far rumore è soprattutto la sortita sul conflitto di interessi, segno che il patto del Nazareno è probabilmente davvero alle spalle. Spiega Boschi a Marco Galluzzo:
«Se alcuni dei nostri ex leader o ex premier avessero messo la stessa tenacia che hanno messo negli ultimi tempi sui dettagli della nuova legge elettorale, per abolire il Porcellum o per avere finalmente una legge sul conflitto di interessi, ci saremmo risparmiati molte fatiche. Ma non è mai troppo tardi. Vorrà dire che il conflitto di interessi lo porteremo in Aula nelle prossime settimane. Ora è in Commissione, chiederemo la calendarizzazione in Aula entro giugno».
Boschi parte ovviamente dall’Italicum. Secondo il ministro con la nuova legge elettorale
«Cambia molto. Col ballottaggio avremo un vincitore certo. Con il premio alla lista non saranno più coalizioni litigiose e si impone ai partiti una riflessione sul loro ruolo. E poi per la prima volta ci sono norme che favoriscono la parità di genere. Un grande passo in avanti per l’Italia. Ma come sta segnalando in queste ore la stampa estera è un elemento di distinzione in tutta Europa. Nel Regno Unito le elezioni sono incerte ed è improbabile un governo monocolore. In Spagna addirittura si è iniziato a discutere di una modifica della legge elettorale partendo proprio dalle novità dell’Italicum. Ci prendevano in giro quando dicevamo che ci avrebbero copiato, che poteva diventare un modello per altri Paesi; e invece…».
Per quanto riguarda la scissione Pd Boschi spiega che non è una possibilità. Ma sul Pd come partito nazione…
«No. Noi non la vogliamo, la stessa minoranza non la vuole. E non la vogliono gli italiani che sono stanchi delle polemiche e non sentono il bisogno di nuovi piccoli partiti».
«Il partito della nazione è definizione di Alfredo Reichlin, una delle menti più lucide della sinistra. Il nostro Partito democratico è entrato nel Pse, ha come modelli Bill Clinton e Tony Blair nei loro Paesi. Ha allargato il campo, coinvolgendo persone che guardano all’area liberal, ma anche a sinistra, come il nutrito gruppo di deputati guidato da Gennaro Migliore. La base, anche quella storica, sta con noi, crede nel nostro progetto, ci invita a non mollare, ad andare avanti. Renzi ha vinto le primarie aperte, ma anche il congresso degli iscritti. Dagli 80 euro alla riduzione delle tasse sul lavoro, dall’autoriciclaggio al divorzio breve, dal terzo settore ai soldi per il sociale, le nostre misure non mi sembrano di destra. L’unico tabù della sinistra che abbiamo rotto è che abbiamo portato il Pd al 40 per cento. Non era mai accaduto prima, c’è un progetto di cambiamento del Paese che in questo momento solo il Partito democratico può affrontare».