MILANO – Roberto Maroni è il nuovo governatore della Lombardia. Il leader leghista, sostenuto anche dal Pdl, ha ottenuto il 42,8% dei voti mentre il suo principale avversario Umberto Ambrosoli, sostenuto da Pd e Sel si è fermato al 38,2%. Staccati gli altri contendenti: la grillina Silvana Carcano ha ottenuto il 13,6% mentre Gabriele Albertini, sostenuto dalla coalizione Monti, ottiene un deludente 4%.
Niente spallata, dunque. La Lombardia, dopo quasi un ventennio di gestione Formigoni, rimane nelle mani del centrodestra. Non è bastata quella che Pier Luigi Bersani ha definito una “scelta civica”: Ambrosoli si ferma a quattro punti da Maroni e resta con l’amaro in bocca per quei voti finiti ad Albertini, vero sconfitto della tornata elettorale.
Il risultato, a lungo ritenuto in bilico, era in realtà nell’aria già dalla serata di lunedì quando i dati delle politiche hanno assegnato una netta maggioranza in Lombardia al centrodestra sia al Senato sia alla Camera. Ci sarebbe voluto un miracolo, un’affermazione personale schiacciante di Ambrosoli che, a vedere nel dettaglio i dati, qualche voto di suo l’ha portato rosicchiando un punto percentuale in più rispetto al totale della coalizione.
Il risultato, però, non è mai stato in discussione, con Maroni saldamente avanti di 4-5 punti sin dalla prima proiezione. Anche lo spoglio, poi, ha confermato la tendenza.
Non è bastato: la Lombardia sceglie una parziale continuità. Parziale perché Maroni e Formigoni non si amano. La sostanza politica, però, resta la stessa. In Lombardia, dopo il “miracolo” Pisapia la spallata della sinistra non si è ripetuta.
