Non basta dire che i suoi comportamenti sono inattaccabili dal punto di vista formale: chi presiede l’Assemblea di Montecitorio deve anche apparire “terzo” affinché nessuno possa avere dubbi sulle sue scelte. E d’altra parte è disdicevole, perfino esteticamente, che un’autorità politica di garanzia sia in conflitto aperto con la maggioranza parlamentare e faccia un uso discutibile del ruolo che la Costituzione gli assegna. Se finora Fini non ha ritenuto di doversi dimettere, trincerandosi dietro il regolamento della Camera che non lo prevede per il semplice fatto che a nessuno poteva venire in mente che un giorno sarebbe accaduto ciò che è sotto gli occhi di tutti, sarà il caso che le forze politiche stesse ed il presidente della Repubblica operino una sorta di moral suasion per mettere fine ad una situazione deprecabile trascinatasi così a lungo. Berlusconi farà di tutto, con la forza della sua maggioranza, affinché Fini lasci la presidenza della Camera rinnovando a Napolitano, che nessun potere ha in materia, le legittime preoccupazioni in vista del buon andamento dei lavori parlamentari. Dalla soluzione di questo primo punto all’ordine del giorno, si capirà forse se la legislatura marcerà più speditamente oppure dovrà dibattersi in un conflitto istituzionale che marcherà negativamente il processo normativo.
Contemporaneamente il Cavaliere sarà impegnato ad allargare la base della maggioranza che lo sostiene. E’ fin troppo evidente che fin quando Fini resterà al vertice di Montecitorio, sarà più difficile che titubanti parlamentari di Fli tornino nel Pdl o, molto più verosimilmente, si aggreghino a quel gruppo di “responsabilità nazionale” in via di formazione, cui dovrebbero aderire, insieme con numerosi deputati oggi parcheggiati nel gruppo misto, altri di provenienza cattolica dall’Udc e dal Pd, distinti e distanti da Berlusconi a cui, tuttavia, non faranno mancare il loro appoggio vuoi per salvare la legislatura che per approvare riforme strutturali necessarie.
Se l’operazione dovesse riuscire, sottraendo a Fli almeno altri cinque deputati, dopo i sei che ha già perso, il peso di Fini continuerebbe a scendere e forse Casini si convincerebbe che per lui ed il suo partito l’ingresso nella maggioranza, e magari in un secondo tempo nel governo, gli schiuderebbe un avvenire politico all’altezza delle sue ambizioni e coerente con i valori ispiratori del centrodestra che lui stesso, non lo si dimentichi, ha contribuito ad organizzare salvo poi distaccarsene non condividendo il percorso che ha portato alla costituzione del Pdl.