C’è una nuova pista nelle indagini sull’omicidio di Giuseppe Basile, il consigliere provinciale dell’Italia dei valori ucciso nella notte tra il 14 e il 15 giugno 2008 a Ugento, in provincia di Lecce.
In un primo tempo si era parlato di motivi di vicinato. I due imputati del delitto sono infatti vicini di casa di casa di Basile. Si tratta di Vittorio Colitti, agricoltore di 66 anni, e di suo nipote Vittorio Luigi Colitti, 19 anni, all’epoca dei fatti minorenne.
Ma Il Giornale svela una possibile pista legata alla pedofilia. Nel suo articolo, Gian Mario Chiocci ricostruisce la dinamica dell’assassinio: 22 coltellate inferte con violenza.
Ad indicare i due imputati, la testimonianza di una bambina che all’epoca aveva solo 6 anni. Lei avrebbe assistito alla tragedia. Secondo il suo racconto, riportato dal Giornale, sentendo le grida di aiuto di Basile, si sarebbe affacciata alla finestra, salendo su una sedia. Da lì avrebbe visto il nonno di un suo amichetto, Vittorio Ciolitti appunto, colpire più volte con un coltello il politico, mentre il nipote Vittorio Luigi teneva fermo l’uomo.
La pista della pedofilia coinvolge anche il parroco di Ugento, don Stefano Rocca, amico dell’esponente dell’Idv. Il religioso, all’indomani dell’omicidio aveva chiesto di far luce sull'”omertà diffusa” e sulla pista politica.
Un’ipotesi, quella politica, sostenuta anche dal leader dell’Idv Antonio Di Pietro, presente ai funerali dell’amico Basile.
“Un delitto che parla”, aveva definito Di Pietro l’omicidio in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno,”Basile è stato certamente ucciso per quello che stava facendo in politica”.
L’omicidio del consigliere provinciale ha raffreddato molto i rapporti dei Ciolitti con don Stefano: da quel giorno la famiglia ha smesso di frequentare la parrocchia e l’oratorio.
Il parroco ha continuato a chiedere di indagare fino all’arresto dei due uomini. Da allora ha taciuto, fino a quando si seppe che la procura, sulla scia dell’inchiesta dell’omicidio Basile, indagava su presunte molestie a minori nell’oratorio da lui diretto e che Peppino frequentava in quanto sostenitore della squadra di calcetto. Squadra dove giocava sia il minorenne arrestato, sia un testimone dei presunti abusi. Così il prete finisce indagato per molestie, mentre per l’inchiesta-madre sulle 22 coltellate, oltre ai presunti assassini, sono indagati i genitori del giovane arrestato (che è già stato rinviato a giudizio) e l’amico che inizialmente gli fornì l’alibi.
“Credo che tutta la condotta di don Stefano sia stata finalizzata a precostituirsi un alibi”, attacca un supertestimone a verbale. “Riguardo alla condotta tenuta prima e dopo il delitto ritengo che lui abbia agito così perché (omissis) avrebbe poi potuto gridare ai quattro venti che era stato mandato via da Ugento per le sue campagne a favore della giustizia e della verità nel delitto Basile”.
E ancora: un altro ragazzo s’è ricordato di come “nel 2003 non correva buon sangue fra Basile e don Stefano. Il sacerdote non perdeva occasione di punzecchiarlo. Attribuivo le battute alla vita sregolata che conduceva Basile e, di conseguenza, pensavo che don Stefano lo criticasse proprio per questo. Però rimasi colpito una volta in cui Basile, mentre stava lavorando, aggredì verbalmente don Stefano”. Cosa gli disse? “‘Togliti quell’abito che ti confesso io’…”.