Il senatore ribelle e Berlusconi non si sono lasciati male, prima del divorzio. A Blitzquotidiano Musso ha raccontato il dialogo corretto e franco prima della gag dell’ascensore: Berlusconi lo ha ascoltato per una mezz’ora, gli ha anche lasciato dire: “Presidente la tua vita privata sta diventando troppo pesante sulla politica, ci condiziona troppo, incide sull’azione di governo. Dopo Ruby chissà quante ne tireranno ancora fuori . E tu cosa farai e noi cosa faremo”.
Berlusconi aveva incassato con grande disponibilità, accettando di ascoltare il suggerimento del giovane senatore ribelle: “Vai in Parlamento, fai un grande discorso, spiega che la crisi mondiale è micidiale, che hai fatto il possibile, magari anche qualche errore, ma che ora bisona fare un patto di unità nazionale. Che Fini la smetta, che l’opposizione, che ha i cavoli suoi, capisca e si adegui. Facciamo un bel programma di salvezza nazionale e poi tra due anni riparleremo di tutto…”
E’ stato tanto convincente il giovane senatore-professore che Berlusconi lo ha non solo ascoltato e accompagnato all’ascensore, ma poi, il giorno dopo, ha accettato di ricevere quel programmino di “discorso alla nazione” inviatogli per motociclista nero su bianco dal senatore ribelle e gli ha fatto chiedere anche una edizione elettronica via e mail. Salvo poi non tenerne conto in alcuna misura nella sua perorazione alla Camera.
Ma Musso e Berlusconi non si sono lasciati male, non è stato un addio amaro tra il cavaliere sotto attacco e il professore lanciato verso la sua missione “civica”. Anche Claudio Scajola, dal suo fortilizio sulle alture di Imperia-Oneglia ha mandato un messaggino sms al ribelle che gli annunciava l’addio, rinnovando, comunque, stima e amicizia. Non era stato, in fondo, lui, l’ex ministro a scegliere Musso a proporlo a Berlusconi come candidato sindaco, a offrirgli sul piatto d’argento una candidatura europea e poi a piazzarlo capolista per il Senato, tra l’ira mascherata di molti colonnelli genovesi della Pdl? E chissà che i due ora non si ritrovino insieme da qualche altra parte, nel magma di una nuova partitocrazia ribollente a Imperia, come a Genova, come a Roma?
Intanto il chiarimento di Musso, le dimissioni, il gruppo misto scelto anche nel Comune genovese, nel quale il professore è ancora consigliere di opposizione, è come una miccia che brucia sempre più rapidamente. C’è chi gli allarga già le braccia platealmente, come i finiani di ogni estrazione, dall’ex rampollo dorato dell’imprenditoria genovese, Gianfranco Gadolla, trasvolato da Fini a Berlusconi, di nuovo a Fini, all’ex picchiatore fascista Bornacin oggi senatore, ieri duro e puro del Msi, come le truppe in allineamento dei centristi Udc, Api e che muovono le mai scomparse ex legioni democristiane, polverizzate nelle galassie della seconda Repubblica, ora ricompattate da vecchi colonnelli, capitani e marescialli dai nomi riemersi come dal nulla dell’annichilimento post tangentopoli.
C’è chi gli spara alzo zero come, ovviamente, la guardia del re Berlusconi, che subisce non solo la descajolizzazione, ma ora anche la demussizzazione: il coordinatore regionale Michele Scandroglio, il deputato ex amico del cuore di Musso, Robero Cassinelli, vedovo due volte, il vice presidente della potentissima Fondazione Carige, Pierluigi Vinai, Opus Dei, amico del cardinale Bertone e lui stesso autocandidato in pectore per fare il sindaco.