Il presidente dell’Agcom, Corrado Calabrò, ha prima di tutto sottolineato che molti paesi, anche fuori Europa, stanno investendo tantissimo su internet veloce, sulla fibra ottica e sulla banda larga. Ha poi esortato ad un “balzo di mentalità” pur nel rispetto delle regole “inefficienti” dell’Unione europea nel settore delle comunicazioni. Per Calabrò puntare a dare la banda larga, entro pochi anni, al 50% della popolazione italiana non è segno di incoerenza ma, sottolinea il presidente di Agcom, ci vogliono delle regole e, soprattutto, “bisogna che ci mettiamo tutti insieme, che gli operatori di telecomunicazione si mettano insieme e che lo faccia anche il governo”. In questo senso Calabrò ha applaudito alla decisione del viceministro Paolo Romani di convocare un tavolo di concertazione sulle reti di nuova generazione per il 24 giugno anche se ha esortato a “fare presto” perché, ha ricordato, “ci vogliono da tre a cinque anni almeno per una fibra funzionante e per portare a un cambiamento effettivo”.
Per arrivare allo start up e al passaggio dalla rete di rame a quella in fibra ottica, hanno sostenuto Franco Bassanini e Stefano Pileri, servono almeno quattro precondizioni. Prima di tutto l’esistenza di un’unica rete e un’intesa tra gli operatori delle telecomunicazioni per utilizzare tutti la stessa rete. Secondo, come ha sostenuto anche Calabrò, regole stabilite dall’Agcom e costi fissi. Terza precondizione è la partecipazione degli enti locali. Quarto, sostiene Pileri, che il passaggio dalle reti di rame a quelle in fibra ottica avvenga entro cinque anni. Solo in questo modo, sottolinea Pileri, l’Italia avrebbe qualche speranza di essere ancora competitiva rispetto agli altri Paesi che già adesso stanno investendo tantissimi soldi sulle reti di nuova generazione.
Eppure dal governo, come ha sottolineato Nicola Zingaretti, finora ci sono stati solo passi indietro, con il mancato finanziamento a progetti che vadano verso la banda larga per tutti. Per il presidente della Provincia di Roma manca la volontà politica per attuare un progetto simile. Eppure Paolo Gentiloni, che da “padrone di casa” ha tratto le conclusioni della discussione di oggi, si è detto ancora “fiducioso” che il “governo cambi idea e capisca l’importanza del salto in avanti”.
La politica, per Gentiloni, “deve astenersi dal fare danni e deve capire l’importanza della faccenda” perché, sostiene, “come Paese siamo lì lì per fare un passo in avanti sulle telecomunicazioni e il ritardo che abbiamo accumulato finora non è incolmabile” anche se, avverte, “ci dobbiamo muovere in pochissimi mesi e in questo è necessario un contributo del governo”. A tal proposito Gentiloni ha ricordato che nel Cipe di maggio il governo ha stanziato 16 miliardi per le infrastrutture e che quindi, a livelli di costi, i 50/100 milioni che si propone di stanziare per le nuove reti di Tlc, sarebbero alla portata delle spese dello Stato. Il governo finora, sottolinea “non ha deciso finanziamenti nè per chi non ha internet veloce, nè per la banda ultralarga” mentre quello che serve ora è proprio “uno slancio dal governo”. Ma, sottolinea l’esponente del Pd, “ad oggi non abbiamo nemmeno un ministro del governo Berlusconi che si occupi di telecomunicazioni…”.