ROMA – Province in via di abolizione: una “beffa” secondo Libero. 4 motivi. Sull’abolizione delle Province il Governo ha posto la fiducia al Senato: si voterà stasera ma già ieri solo l’assenza decisiva di alcuni senatori di Forza Italia (che con 5 Stelle era contraria) ha salvato il disegno di legge che ha rischiato lo stop definitivo in aula se fossero passate le pregiudiziali di costituzionalità. Tuttavia, la compattezza della maggioranza non è l’unico punto controverso segnalato da Franco Bechis su Libero a proposito di quello che considera uno dei tanti “azzardi” di Matteo Renzi. Sui numeri, sui costi e soprattutto sugli eventuali risparmi annunciati ci sarebbe più di un motivo di allarme o almeno ragionevoli dubbi che non finiscano per essere una “presa in giro” degli italiani.
“Se domani passa la nostra proposta sulle province 3000 politici smetteranno di ricevere una indennità dagli italiani. La volta buona”: il tweet con cui Matteo Renzi ha annunciato la svolta, molto presunta secondo Bechis, è l’oggetto di una stroncatura su tutti i fronti. 4 i motivi. Primo la “nostra proposta” porta in realtà la firma di Enrico Letta. Secondo, il numero è sbagliato: il testo di legge menziona 1774 amministratori provinciali, l’approssimazione per eccesso a 3mila appare del tutto ingiustificata. Terzo, visto l’accidentato cammino e le divisioni emerse non è affatto detto che il taglio Province si realizzi. Ma è il quarto punto, quello dei risparmi indicati (111 milioni l’anno a regime) che si appuntano le maggiori perplessità.
Secondo i tecnici del servizio Bilancio del Senato, “le riduzioni di spesa che si conseguirebbero nel lungo periodo risulterebbero incerte e potrebbero anzi determinare nuovi oneri”. Perché gli enti non saranno aboliti anche se non saranno più elettivi e, non rinunciando al meccanismo dei rimborsi della nota spese dei sindaci di capoluogo chiamati a surrogare i politici eliminati, “si rinuncia a potenziali risparmi” (ancora i tecnici del Senato). In realtà, un vera cancellazione di Province (estesa anche alle città metropolitane), quella immaginata da Letta, in Parlamento non ha fatto nemmeno un metro. Quello di cui si discute, il testo intitolato “Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni “, è un’altra cosa, potenzialmente foriera non di risparmi, ma di oneri aggiuntivi.
Che cosa accade? Che vengono istituite in tutte le regioni le città metropolitane, che subentrano alle funzioni delle province. Ma – meraviglia – possono subentrare anche solo parzialmente, lasciando in vita anche le province con una confusione che rischia di essere drammatica e sicuramente produttrice di nuovi costi. Per una ventina di casi dunque potrebbe trattarsi di una sostituzione, ma anche di un raddoppio. Tutte le altre province restano in piedi […] Sulla carta si tratterebbe di un piccolo risparmio: 111 milioni di euro l’anno una volta a regime. Ma quel risparmio è solo teorico: per assolvere le nuove funzioni i sindaci avrebbero più spese da farsi rimborsare e anche la necessità di allargare i propri staff per lasciare una squadra anche in provincia/città metropolitana. Nella migliore delle ipotesi non cambia nulla, forse peggiora pure il costo. (Franco Bechis, Libero Quotidiano)