ROMA – Una voce bisbiglia in Rai: e se, dopo Santoro, Minzolini e Ruffini e la Berlinguer? E se fosse un ricominciamo da capo non a smontare ma a rimontare l’azienda? Una voce bisbiglia in Rai, troppo debole per essere un progetto, troppo intelligente per essere un’invenzione.
Michele Santoro: il suo addio “consensuale” alla Rai è salutato come offesa e disgrazia all’informazione e all’azienda. Oppure come chirurgica amputazione di anomalia intollerabile. Fondate o meno, sono entrambe letture e reazioni politiche, più che legittime in un’azienda colonizzata dalla politica. Ma, con occhio e logica aziendale, cosa è l’addio di e a Santoro? Michele Santoro era in onda e in prima serata e in palinsesto e in calendario per decisione di un giudice della magistratura del lavoro. Era lì in nome del principio che ogni avvicendamento e rimozione in Rai possono essere impugnati, revocati e bloccati perché “politicamente motivati”. In una azienda dove tutte le nomine e gli incarichi sono all’origina di natura politica, questo principio applicato dalla magistratura significa una Rai eternamente immobile e uguale a se stessa. Chiunque in Rai, e moltissimi già lo fanno, possono andare dal giudice e chiedere di fatto di restare a vita a fare quello che fanno. Già la Rai non assume su base aziendale e professionale, di fatto assume precari su base di anzianità , di fatto è il sindacato che assume e non l’azienda. Aggiungere l’inamovibilità dei conduttori e dei format e si ottiene l’immobilità : nessuna azienda può essere tale e sopravvivere in questa condizione. Chi dice di preoccuparsi per il futuro aziendale dovrebbe preoccuparsi di questa condizione che alla Rai nega altro futuro che non sia l’eterno riproporsi del così come è adesso. Rinunciare a Santoro è rinunciare ad audience e pubblicità , ma è anche lo sblocco di una situazione di impotenza aziendale. Nessuno ha valutato quanto “valga” per l’azienda lo smontaggio dell’equazione: magistrato decide, Rai manda in onda. Certo, un’azienda che perde Santoro deve essere in grado di sostituirlo: i conduttori “di destra” che ci hanno provato hanno fatto fiasco e flop (ultimo ma non ultimo Sgarbi). Ma se professionalità targate “destra” non se ne trovano, questo può essere un problema di Berlusconi…La Rai dovrebbe, potrebbe avere altre logiche, a meno che non si voglia pensare che oltre Santoro altro professionista possibile non c’è.
Augusto Minzolini: il suo Tg1 non è certo un vantaggio aziendale per la Rai. E non perché faccia un Tg1 governativo, è perché fa un Tg1 inguardabile per mezza Italia, per metà del mercato potenziale della Rai. Lo stesso fenomeno Mentana, quello che apre la strada agli ascolti del La7 e alla pubblicità che a La7 sta arrivando è inestricabilmente legato alla impossibilità di guardare il Tg1 da parte di metà del mercato. Aziendalmente il Tg1 di Minzolini è un problema, fare e far fare un altro Tg1 sarebbe per la Rai un investimento. Ma Minzolini sta lì per scelta di Berlusconi, non si può toccare. Neanche dopo aver “toccato” Santoro?
Paolo Ruffini: dirige una rete i cui programmi sono cari a molti ascoltatori. Ma molti di questi programmi sono i nipoti di se stessi, stanno lì nel loro immutabile format da un paio di generazioni televisive. Possibile che sia attentato alla democrazia sentire la stanchezza per il divano di Serena Dandini? Possibile che nessun format possa mai esaurirsi? Ma Rai3 è la rete dell’opposizione, toccarla è impossibile. Anche dopo aver “toccato” Minzolini? Toccarla non per punirla o farle cambiare natura e referente politico-culturale, ma per farle cambiare decennio e secolo nemmeno?
Bianca Berlinguer: il suo Tg3 “tiene”. Tiene ascolti ma tiene anche un linguaggio e una “narrazione” divenuti ormai scolastici e scontati. E’ un tg politico travestito da sociale: le dichiarazione di giornata dei politici incartate nella confezione della “gente”, purché sia gente dolente. Una rassicurante e totale noia informativa per un pubblico di sinistra e anziano. Sempre più anziano anche se sempre di sinistra. Ma la Berlinguer non si può toccare. Neanche dopo aver “toccato” Santoro, Minzolini e Ruffini e aver nominato un direttore vero al Tg2 dopo che un professionista, sia pur “moderato”, come Mario Orfeo se ne è andato per sfinimento?
Toccarli tutti per rimontare la Rai e farne un’azienda che elabora prodotto: un bisbiglio che non è proprio una voce in Rai. Diciamo una tentazione al limite dell’impossibile. Certo, Santoro, Minzolini, Ruffini e la Berlinguer sono ciascuno a loro modo professionisti e pure bravi. Sostituirli allo stesso livello ma con diverso mandato, fare altra e più contemporanea televisione è un’impresa. Certo inventarsi qualcosa di diversamente professionale dallo stantio talk-show (più che stantio anche quello di Vespa), dal tg che sembra un giornale radio, dal salotto delle chiacchiere è qualcosa di assai arduo. Ma certamente sarebbe qualcosa di fortemente aziendale, qualcosa che le vere aziende dell’informazione, della cultura e dell’intrattenimento tentano. Se sono aziende. Altrimenti sono colonie della politica in cui i partiti mandano di volta in volta i loro “governatori”. Un bisbiglio, solo un bisbiglio sussurra che in Rai l’ultima voglia di essere azienda non è ancora spenta. Si spegnerà rapidamente il bisbiglio o dopo Santoro sarà Minzolini e il Tg2, Ruffini e la Berlinguer?