Ha destato una certa impressione il fatto che Azione di Calenda avrà il 30 per cento dei candidati nei collegi uninominali all’interno dell’alleanza elettoral-politica con il Pd di Letta. Trenta per cento appare molto a fronte di u Pd stimato intorno al 24 per cento dei consensi (sondaggi) e di Azione stimabile per la stessa via intorno…intorno a quanto? Una lista di Centro riformista, staccata dal Pd e dalla sinistra e lontana e avversa alla Destra Meloni-Salvini è in realtà stimata potenzialmente intorno al 10 per cento. La stessa lista però in alleanza politico-elettorale con il Pd vede calare la sua stimata area di consenso al 5/6 per cento (si convincono meno elettori di centro destra a traslocare se si va, come si va, in alleanza col Pd). Comunque i conti non vanno fatti solo con le percentuali di consenso, la legge elettorale con cui si vota assegna circa il 65 dei seggi parlamentari su base proporzionale e qui ogni partito più o meno prende in seggi quel che vale in voti. Ma nel restante 35 per cento vale la legge del collegio uninominale e cioè…
La legge dell’asso pigliatutto
Nei collegi uninominali chi arriva prima prende il seggio e tutti gli altri prendono zero. Alleandosi Pd ed Azione possono giocarsela in una trentina di collegi che altrimenti sarebbero sicuramente conquistati dal candidato/a delle Destre. Giocarsela, non vincerla. E comunque la maggioranza dei collegi uninominali appare saldamente alla portata delle Destre. L’accordo elettoral-politico tra una sinistra faticosamente riformista come quella del Pd e un Centro non populista consente di evitare il “non c’è partita” ma la vittoria elettorale il 25 settembre resta un miraggio per chi la contende alle Destre di Meloni e Salvini con Berlusconi ruota di scorta.
Il buono in quell’accordo
C’è comunque del buono in quell’accordo, c’è almeno un po’ a diminuire il pauroso deficit di verità che caratterizza la politica, la vita pubblica e anche e soprattutto la pubblica opinione. C’è in quell’accordo tra Azione e Pd l’ammissione realistica e salutare che il Reddito di Cittadinanza così come è non può e non deve restare, che così come è è uno spreco non equo. E c’è l’ammissione, la presa d’atto e la comunicazione coraggiosa alla gente e all’elettorato che i Bouns edilizi, primo fra tutti il 110 per cento, non sono sostenibili per la cassa pubblica e così come sono stati concepiti, senza controlli reali si sono rapidamente trasformati in una mangiatoia, in un saccheggio di massa di denaro pubblico. Entrambi, reddito di cittadinanza e Bonus, vengono definiti nero su bianco “da correggere”. Una botta di serietà in un programma elettorale, quasi una rarità.
Dalla parte dell’Ucraina
C’è poi chiaro e netto nell’accordo il dove e con chi sta l’Italia: con l’Ucraina, con la Ue, con la Nato, con l’Occidente. Non con l’astratta e indefinita pace ma con il paese invaso e con chi lo aiuta, anche e soprattutto militarmente. Con l’Ucraina, con la Nato, con l’Occidente in maniera chiara vogliono tenere l’Italia Fratelli d’Italia della Meloni, ma non certo la Lega di Salvini e neanche Forza Italia ultima maniera. Men che mai M5S di Conte o l’asse Bonelli-Fratoianni. L’elettore che consideri questo aspetto marginale rispetto alla sua scelta di voto sbaglia di grosso: dal co chi stare e come dipende in via diretta la sua personale condizione sociale ed economica già nei prossimi mesi.
Come un gatto in tangenziale
A meno di scarti improvvisi e massicci di pubblici umori elettorali il 25 settembre vedrà comunque una vittoria delle Destre. Vittoria di quanto è da vedere. E poi? Poi, il poi è come sempre sulle ginocchia di Giove, però il governo delle Destre avrà davanti una scelta, anzi un bivio: attenersi al contratto firmato con la Ue che finanzia l’Italia fino al 2026 e quindi dimenticarsi di pensioni per tutti a 60 anni e flat tax fino a 100 mila euro, cioè per tutti e tutto da pagare e debito l’anno del mai e il giorno del poi. Oppure salutare di fatto la Ue, il Pnrr, i mercati finanziari e vivere di debito fino a che dura. In entrambi i casi pewrr quanto tempo prima di implodere/esplodere? Il tempo di…un gatto in tangenziale.
Nota a margine…
Un elettore magari scontento di Forza Italia a rimorchio di Salvini e Meloni che volesse votare per Calenda o seguire Gelmini o Carfagna…e se gli capita nel suo collegio uninominale un Fratoianni o anche solo un Letta? E simmetricamente un elettore Pd e se gli capita candidata nel suo collegio una Gelmini? No gli capita: nel patto c’è che nei collegi uninominali no ci saranno i leader e i nomi bandiera indigeribili per i rispettivi elettorati. Basterà? Non proprio. Però non fa male e un po’, solo un po’, aiuta.