ROMA – La terza volta è stata quella buona: Renata Polverini si è dimessa da governatore del Lazio. La Regione, sciolta per vergogna, ora andrà a elezioni anticipate, toccherà vedere se prima delle politiche o in concomitanza. Polverini si è dimessa prima che il Consiglio, per vergogna, cadesse per mano dei consiglieri dimessi in massa, prima di essere sfiduciata dalla sua stessa Giunta. L’ha fatto al termine di due settimane di fuoco, iniziate con lo scandalo dei fondi del Pdl e delle spese folli dei consiglieri regionali e seguite da ben tre minacce di dimissioni. Lo ha fatto sbattendo la porta, come chi è stata messa in mezzo, promettendo che da domani dirà “quello che ho visto”, dicendo di essersi dimessa per una “faida interna al Pdl”, un partito che “ha dato prova di essere un partito particolare: ci sono persone da mandare via”. E attaccando: ”Vado via a testa alta e resto in politica. Ho interrotto il cammino di un Consiglio non più degno di rappresentare il Lazio: questi signori li mando a casa io. Questi personaggi da operetta che non era accettabile mantenere in un luogo prestigioso come il consiglio regionale, hanno fatto cose raccapriccianti”.
Se la scorsa settimana la Polverini aveva minacciato due volte di dimettersi e poi era rimasta incollata alla poltrona, trattenuta da Silvio Berlusconi, questa volta non ha avuto scelta, nonostante diversi esponenti del Pdl, tra cui Angelino Alfano e Gianni Alemanno, le avessero suggerito di continuare a resistere. Gli stessi che ora parlano di azzeramento del centrodestra.
Ma questa volta resistere non si poteva veramente. La discesa verticale verso le dimissioni è iniziata domenica 23 settembre, quando i consiglieri di Pd, Idv e Sel si sono dimessi in massa. Lunedì anche l’Udc ha iniziato a pensare di seguire l’iniziativa e Pier Ferdinando Casini ci ha messo la pietra tombale in serata dicendo chiaro e tondo di volere elezioni anticipate: “Domani mattina faremo una riunione, io credo che dopo il marcio che è emerso, dopo la cupola che ha fatto venire fuori uno schifo, la cosa migliore, ma è la mia opinione e potrò andare in maggioranza o minoranza, è che bisogna restituire parola ai cittadini”. Un messaggio chiaro, fin troppo per la Polverini che già era andata a dire ad Alfano di non farcela più, che era pronta a mollare. Poi in serata sono arrivate le dimissioni anche dell’unico esponente di Fli in Regione, Francesco Pasquali, che fino al giorno prima sosteneva la governatrice e la sua Giunta. E allora è stato chiaro alla Polverini che non c’era più niente da fare: basterebbero le dimissioni dei 6 consiglieri Udc per farla cadere. Ma la Polverini, e il gesto era ampiamente atteso, non ha voluto aspettare di essere sfiduciata e, per conveninza politica, ha deciso di anticipare tutti e staccarsi dalla poltrona.
Se ne va sbattendo la porta: “Senza di me gravi ripercussioni”. ”Comunico – ha detto in una conferenza stampa Polverini – ciò che ho detto ieri a Napolitano e poi a Monti le mie dimissioni irrevocabili da presidente della Regione Lazio”. Poi però ha avvertito, come chi se ne va sbattendo stizzito la porta: ”Con il blocco della mia azione riformatrice ci saranno gravi ripercussioni sul Paese: abbiamo fatto 5 miliardi di tagli perché lo volevamo e perché abbiamo avuto come effetto il dimezzamento del disavanzo sanitario portandolo a 700 milioni. La Regione Lazio di Renata Polverini ha lo stesso rating del governo Monti, ce lo hanno comunicato venerdi’ durante il consiglio sui tagli”.
“Arriviamo qui puliti – dice ancora – mai avrei immaginato che con quelle ingenti risorse tutti, nessuno escluso, facessero spese sconsiderate ed esose. Io continuerò a fare politica, con questi non ho nulla a che fare. Stessero sereni questi signori perché domani potranno fare politica se si ricordano come si fa. Vado via a testa alta non so se altri potranno a fare lo stesso. Me ne vado avendo azzerato i fondi dei gruppi regionali. Voglio vedere se chiunque verrà farà lo stesso”.
”Da domani ciò che ho visto lo dirò – minaccia Polverini – Le ostriche viaggiavano comodamente già nella giunta prima di me, quindi io non ci sto, non ci sto alle similitudini e nessuno si permetta di dire una parola su me e i miei collaboratori”. Poi sbotta: ”Io dico basta: non lo merita la mia storia, la mia famiglia che è stata infangata nè chi sta con me. Da pochi minuti sono tornata libera: per due anni e mezzo in questo sistema sono stata come in una gabbia, cercavo di uscire ma mi avviluppava sempre di più”.
”Mi sono dimessa per una faida interna al Pdl – ha continuato la furiosa Renata – Ben venga questo dibattito tra chi aveva bisogno di un Suv e chi pensava di giocare la propria carriera in consiglio regionale. Spero che la Procura lavori con serenità e che queste persone possano essere assicurate alla giustizia”.
”Sono inorridita da quanto avvenuto in consiglio regionale. Prendetevela con il signor Mario Abbruzzese – dice Polverini –
L’intenzione della Polverini di andarsene era emersa già dal lungo incontro con Angelino Alfano in cui la governatrice aveva detto: “La misura è colma. Non ci sto a farmi sparare addosso, a farmi umiliare per colpe che non ho. Sono pronta a lasciare”. Dopo di che aveva annullato l’unico appuntamento che aveva in calendario, alle 18 al Campidoglio. D’altronde, anche se la Polverini decidesse di non dimettersi, potrebbe essere costretta a farlo. Poi è arrivata la pietra tombale di Casini e un quarto d’ora prima delle 20 la notizia: Renata Polverini ha deciso di dimettersi.
A nulla è servito il monito, fuori tempo massimo, del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che ha detto: ”Non so cosa stia succedendo in Regione ma mi sembra clamoroso che un presidente di Regione eletto dal popolo debba anche solo essere messa in discussione e dimettersi senza neanche un avviso di garanzia”. In tutto ciò, Franco Fiorito, da cui è scaturito tutto lo scandalo, oggi ha fatto sapere che si ricandiderà alle elezioni nel Lazio, non appena sarà riuscito “a dimostrare la mia innocenza”.
A questo punto la riunione di martedì mattina dell’Udc non potrà che confermare le dimissioni di tutti i consiglieri, un fatto ora solo simbolico. Il presidente dell’Udc Rocco Buttiglione aveva dichiarato che i consiglierei centristi “farebbero bene a lasciare”, il leader dell’Udc, Pierferdinando Casini, dopo aver difeso a spada tratta l’esperienza di governo dell’amministrazione Polverini, domenica sera ha lasciato trasparire su Twitter una crescente freddezza: “Correttezza impone – ha detto – che si decida con gli amici laziali. Pensando ai nostri elettori e all’Italia che vogliamo costruire”. E lunedì sera, mentre i vertiti del partito nazionale e del Lazio si erano riuniti per fare il punto della situazione in vista della riunione di martedì, Casini ha messo la pietra tombale sul governo regionale della Polverini: “Domani mattina faremo una riunione, io credo che dopo il marcio che è emerso, dopo la cupola che ha fatto venire fuori uno schifo, la cosa migliore, ma e’ la mia opinione e potrò andare in maggioranza o minoranza è che bisogna restituire parola ai cittadini”.
Voto anticipato. Dopo la Regione Sicilia, quindi, anche il Lazio va a elezioni anticipate. Ma se per la Sicilia si vota il 28 ottobre, per il Lazio sarà da vedere il quando e il come andare alle elezioni. Si andrà al voto prima delle politiche di aprile 2013 oppure in concomitanza, per risparmiare soldi pubblici, dopo che se ne sono sprecati tanti? E poi, l’Udc questa volta sceglierà di correre con il Pd, visto e considerata l’ultima esperienza con il Pdl? Certo il partito di Berlusconi e Alfano esce da questa ennesima storia di sprechi e di vergogna letteralmente a tocchi e il caos Lazio potrebbe rappresentare la Caporetto del Pdl. Un Pdl che si presenterà a queste ennesime elezioni regionali anticipate con le ossa rotte. La pietra tombale la potrebbe mettere, anche qui, l’Udc rifiutandosi di correre insieme al partito di Berlusconi.
Rissa scampata dopo la conferenza stampa della Polverini. Momenti di tensione al termine della conferenza stampa di Renata Polverini tra alcuni membri del suo entourage i cronisti e fotografi presenti. In particolare l’ormai ex assessore al bilancio Stefano Cetica e il capo di gabinetto Giovanni Zoroddu hanno affrontato cronisti e operatori. Qualcuno ha gridato ‘avvoltoi’. Altre persone della regione si sono frapposte tra i i collaboratori e la stampa e la calma e’ ritornata in pochi secondi.