ROMA – Il pattuglione dei Responsabili ha ottenuto finalmente la sospirata mercede per aver fornito l’indispensabile stampella al governo zoppicante. Il giorno dopo la ricompensa, su tutti i quotidiani campeggiano foto e documentati profili dei “disponibili”, che si godono il meritato quarto d’ora di celebrità. Bruno Cesario, Aurelio Misiti, Antonio Giolitti, Catia Polidori, Roberto Rosso, Daniela Melchiorre, Luca Bellotti, Giampiero Catone, Massimo Calearo, Riccardo Villari sono i magnifici dieci suscettibili di diventare venti non appena sarà sfornato un decreto ad hoc. Non che i posti da sottosegretario o da consigliere gli siano valsi valanghe di elogi: sono stati graziosamente vilipesi con appellativi che vanno da transfughi a trasformisti, i più generosi, fino a traditori e corrotti, i meno indulgenti.
Coerenti all’etichetta di Responsabili, loro non raccolgono, anzi: le dichiarazioni del giorno dopo stupiscono per il candore, potremmo dire la faccia tosta, con cui reagiscono alle insinuazioni. Raccolte tutte insieme, le loro parole costituiscono un compendio aggiornato di tecnica politica all’epoca dei “nominati”, dei peones assurti al rango di prescelti.
Prendiamo Massimo Calearo, l’imprenditore convinto da Veltroni a rappresentare il Pd in Parlamento. E’ stato nominato nuovo consigliere per il commercio estero del presidente del Consiglio. Deluso per non aver ottenuto un sottosegretariato? Macché, è felicissimo: “Nella vita ho sempre fatto il presidente, mai il segretario. O il sottosegretario”. Dice che la carica appena inventata è un abito che gli sta a pennello. Motivo? “Così potrò continuare a fare l’imprenditore”. Un Responsabile part-time.
L’ex finiano Luca Bellotti desiderava ardentemente di finire al Ministero dell’Agricoltura: “la mia storia personale parla da sola”, la giustificazione. Parlerà pure ma non si fa capire tanto bene se invece è finito sottosegretario al Welfare. Lui però non si scoraggia mica. Intervistato da RadioCapital ammette candidamente di non saperne nulla di Welfare ma tanto “non sempre serve una competenza, serve un ruolo di guida politica”. Un Responsabile “a sua insaputa”.
Il caso di Riccardo Villari è emblematico per la forza con cui rivendica il disinteresse assoluto che guida le sue decisioni. Fra i fondatori del Pd è difficile ricostruire le discese e le risalite sugli impervi tornanti della galassia democristiana: è stato seguace di Buttiglione, Mastella, Rutelli. Da democratico fu protagonista di una performance di inamovibilità indimenticabile: per scalzarlo dalla poltrona di presidente della Vigilanza Rai non bastarono le cannonate. Alla fine mollò per consunzione. Adesso giura che non è stato comprato. Excusatio non petita, accusatio manifesta? No no, questo no. Però concede che ”probabilmente qualcuno è stato interessato da logiche mercantili”. Un Responsabile a targhe alterne.