La riforma università slitta di dieci giorni il suo debutto alla Camera: arriva il 14 ottobre, vigilia della sessione di bilancio. Cosa succede? Gianfranco Fini, poltrona numero uno di Montecitorio, di fatto avrebbe così avallato le richieste di Pd e Udc che spingevano per avere tempi più lunghi per la discussione. Il capogruppo Pd a Montecitorio, Dario Franceschini, aveva proprio fatto appello a Fini perché il provvedimento non venisse liquidato in fretta e furia e così strozzato.
Il 15 ottobre inizia la sessione di bilancio che, come spiega il Sole 24 ore, può rimandare “fino a novembre, se non addirittura a gennaio, il voto sugli atenei”. E in un momento in cui c’è lo spettro delle urne che avanza questa mossa insospettisce qualcuno. I rettori universitari temono che si arrivi alla “rottamazione della riforma” che per il Pdl, per bocca di Paola Frassinetti, è “necessaria” e da approvare entro l’anno.
Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini ha reagito così: “Abbiamo garantito una lunga fase di elaborazione e approfondimento, abbiamo lavorato con Tremonti per assicurare le risorse, abbiamo fatto quanto era nelle nostre possibilità. Rispetto le scelte del parlamento, ma l’attività del governo finisce qui”.
Poi però è successo qualcosa di singolare, racconta il Sole 24 ore: “La Gelmini che ha provato a partecipare alla capigruppo mattutina ma si è vista sbarrare le porte della sala dove si stava svolgendo la riunione, con la motivazione che all’interno fosse già presente per l’esecutivo il titolare dei rapporti con il parlamento, Elio Vito”.