ROMA — Stefano Rodotà è contro il ricorso a nuove leggi per regolamentare gli abusi sul web: le leggi ci sono, bisogna solo applicarle, è il senso di una intervista di Rodotà a Fabio Tonacci di Repubblica, seguita, anche per metterci un po’ una pezza, alla intervista della Presidentessa della Camera Laura Boldrini. La intervista ha provocato reazioni autorevoli quanto negative verso la Boldrini, a cominciare da quella di Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21.
Dalla intervista era emersa l’impressione, poi rettificata ufficiosamente ma rimasta sempre pesante, che venissero invocate leggi speciali proprio per tutelare le donne di potere. Ancora sabato mattina Maria Elena Vincenzi su Repubblica riferiva, con un giro di parole che portava però alla stessa sostanza, che “la Boldrini ha auspicato una riflessione sui reati online, soprattutto quando le vittime sono donne in ruoli importanti”.
Rodotà, firma magistrale di Repubblica e bandiera della sinistra più avanzata al punto di essere auspicato come Presidente della Repubblic non solo da Beppe Grillo, ma da una parte del Pd e da Sel di Nichi Vendola, è tranchant, e alla domanda:
“Laura Boldrini pone una questione, delicatissima, che attiene in senso lato al controllo della rete”
risponde secco:
“Stiamo attenti ad usare certe parole, il web è da sempre oggetto di brame censorie. Non dimentichiamo che l’attuale ministro alla Pubblica amministrazione, Gianpiero D’Alia, aveva presentato in Parlamento un emendamento veramente censorio, respinto solo grazie alla rivolta e alle contestazioni degli utenti”.
Non c’è aggiunge Rodotà, una situazione di anarchia del web:
“Internet non è un far west, non è una prateria dove si è liberi di compiere reati come quelli subiti dalla Boldrini, le minacce, la diffamazione, lo stalking, e restare impuniti. Le leggi, che puniscono i reati “virtuali” allo stesso modo di quelli “fisici”, ci sono già. Al massimo possiamo fare una ricognizione per verificare che siano coperte tutte le fattispecie. Ma lo strumentario giuridico a nostra disposizione è molto ricco”.
Il problema della tutela, non solo delle grandi dame ma di tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, razza e religione, non sta nella mancanza di leggi, ma di strumenti:
“La Rete, per le sue caratteristiche di rapidità, di ampia divulgazione, di facilità di accesso, richiede un sistema di garanzie adeguato. Quando la magistratura ritiene di dover rimuovere un contenuto diffamante, deve poter contare su una struttura tecnica in grado di farlo in tempo reale, risalendo con certezza all’autore”.
Nota polemica da parte di Rodotà ai due pesi e due misure del mondo politico e giornalistico applicati al caso Boldrini e a quello del Movimento 5 Stelle, con le caselle di posta elettronica di alcuni suoi parlamentari violate e il conenuto diffuso. Secondo Rodotà, il fatto è stato “molto” sottovalutato:
“Pensiamo a cosa sarebbe successo, a quale copertura mediatica ci sarebbe stata, se fossero state pubblicate le mail di D’Alema o Schifani. È una cosa pericolosa, si rischia di veder nascere un doppio standard parlamentare, in base al quale ce ne sono alcuni meno meritevoli di altri”.