Il 12 settembre 2008 la Giunta Regionale viene investita del problema e, nonostante le perplessità di molti, approva una memoria in cui chiede a Lait di sospendere la gara e affida a KPMG uno studio sull’organizzazione del servizio. L’advisor contabile per il piano di rientro, coinvolto per facilitare l’approvazione da parte del governo di una assurda ipotesi di internalizzazione del servizio, non si sbilancia ed esprime valutazioni compatibili sia con la gara sia con la gestione interna. In attuazione di questi indirizzi, Lait, con grande perplessità, sospende la gara per 30 giorni, fino al 10 novembre, quando la Giunta regionale approva (a maggioranza e con molti assenti) una Delibera (la 819 del 2008) in cui si chiede la revoca della gara al fine di valutare l’internalizzazione del servizio RECUP . A questo punto il CDA di LAit revoca la gara, mentre la delibera regionale e lo speculare decreto del Commisario per la Sanità Marrazzo (il numero 11 del 2009), in cui ne vengono trasfusi i contenuti, sono contestati dal Ministero dell’economia, poiché ritenuti in contrasto con il piano di rientro (che prevede tra l’altro anche il blocco del turn over).
Parte un gruppo di lavoro in cui il consigliere del Presidente Fabio Filiberti sostiene con forza la bizzarra ipotesi della creazione di una società mista pubblico-privato per la gestione del servizio. Una società regionale esistente (Asclepion), da riorganizzare completamente, avrebbe dovuto essere partecipata da un socio privato per la gestione del call center (Capodarco), lavorare con una società in house della regione (Lait) per la gestione della infrastruttura ed affidare direttamente al partner tecnologico (Engeenering) il rifacimento del software. Un pasticcio inestricabile che l’assessore all’informatica Vincenzo Maruccio (Italia dei Valori), anziché denunciare in nome della legalità, ha assecondato senza esitazioni. Un pasticcio irrealizzabile in fine legislatura, poiché per modificare una società regionale è necessaria una legge e quindi il coinvolgimento del Consiglio regionale (cosa che ovviamente non è stato possibile fare). Un pasticcio che ha ottenuto il seguente risultato: dilatare i tempi all’infinito così che sia Capodarco sia Engineering continuino a gestire le lucrose commesse a tariffe obsolete e senza alcuna valutazione competitiva.
Nella stessa direzione si muove l’ultimo atto in ordine di tempo, il decreto del commissario Guzzanti del 16 marzo 2010 (il numero 21), che annulla le precedenti delibere e proroga la gestione di Capodarco per l’intero 2010. Lo stesso atto dispone la riorganizzazione, entro due mesi (appare straordinario riorganizzare in due mesi una società regionale in piena campagna elettorale), della società Asclepion, per sostituire l’altra società regionale LAIT nella gestione del servizio. Entro altri 3 mesi (da questi decreti si potrebbe dedurre una amministrazione di efficienza teutonica) la stessa ASclepion riorganizzata dovrà elaborare un piano industriale “sciogliendo, tra l’altro, anche le opzioni per l’affidamento di alcune attività tra “in house”, “partnership” ovvero “make or buy” (tradotto, come riuscire a non fare gare). E’ prevista inoltre la formazione di un tavolo tra Lait e Asclepion per la “definizione delle modalità di realizzazione della nuova piattaforma, delle metodologie da utilizzare a garanzia del funzionamento della stessa e l’evoluzione dell’impianto rispetto alle più ampie finalità del progetto” (tradotto, come evitare gare competitive anche per l’acquisto della piattaforma tecnologica).
Nel frattempo Capodarco continua a gestire il servizio a costi elevatissimi e senza adeguata copertura amministrativa. Il costo sostenuto dalla Regione per l’erogazione da parte di Capodarco del servizio di call center, è infatti notevolmente superiore all’importo stabilito quale base d’asta per la nuova procedura di gara (27 milioni annui anziché 16). Tale importo è peraltro già più elevato di quello stimato, attraverso indagini appositamente commissionate, e che fissano intorno ai 12/13 milioni i costi annui per servizi similari con operatori di mercato per la necessità di ottemperare a una delibera regionale del 2006, che richiede l’impiego di lavoratori disabili nel servizio.
Lo slittamento dei tempi, che ormai supera la durata di una intera legislatura (l’esigenza di una gara si era posta fin dalla Giunta Storace), ha come prima conseguenza quella di mantenere una proroga che suscita molti dubbi sotto il profilo amministrativo, e inoltre impedisce il conseguimento dei risparmi attesi, con danno certo per le pubbliche finanze. Uniche garanzie per i cittadini rimangono il processo in corso presso la Procura di Roma, oltre ad una indagine dell’autorità di vigilanza sui lavori pubblici e una della commissione europea. Un fallimento senza appello della politica, che mostra purtroppo incapacità di gestione e incompetenza amministrativa.
