ROMA – Fermi tutti: la corsa allo shopping delle province che di sparire in mezzo ai tagli della Spending Review non ne vogliono sapere, potrebbe essere inutile. Con l’approvazione definitiva del decreto, infatti, è scattato ufficialmente il conto alla rovescia. Tempo 70 giorni per presentare le proposte di riorganizzazione al governo ma Patroni Griffi avverte: “Vale lo status quo del 20 luglio”. Addio scappatoie, Terni può smetterla di corteggiare Foligno, Viterbo può dimenticarsi delle sue mire su Civitavecchia e addirittura Orvieto. Per non parlare delle fantasiose triangolazioni come quella di Matera che sognava di aggregare alcuni Comuni pugliesi, campani e calabresi.
Tutti sogni che restano nel cassetto e per chi sperava ancora di potersi salvare con ardite soluzioni è intervenuta persino una nota del governo a troncare ogni compravendita. Per decidere se una Provincia soddisfa i requisiti di popolazione e territorio (almeno 350 mila abitanti per 25.000 km quadrati) vale solo la fotografia del 20 luglio.
Patroni Griffi ha precisato inoltre che ”più che le province come micro feudi” crede che ci siano ”troppi piccoli centri di potere che impediscono la realizzazione di un sistema riformatore di grande portata”. Un micro feudo, spiega, “è quello di una amministratore che con fantasia apprezzabile si inventa un emendamento per sottrarre il territorio a un processo riformatore. Qualche presidente di Regione ha letto troppi giornali e non il testo di legge, minacciando così di non attuare nulla. Di fatto – ha concluso – la Costituzione non dà una competenza delle Regioni in materia di enti locali, quindi non si è scaricato nulla sulle Regioni”.
Il coordinatore nazionale dei Consigli delle Autonomie Locali Marco Filippeschi, presidente del Cal della Toscana e sindaco di Pisa ha chiesto un miglioramento dei criteri di riordino: “Chiediamo al Governo di evitare errori che potrebbero portare indietro, verso rincorse localistiche, riduttive e in contrasto con l’esigenza di affermare un sistema fondato sulla dimensione ottimale rispetto alle competenza e agli interessi delle comunità. Le Regioni devono svolgere un ruolo attivo e il Governo dunque ha un ruolo non notarile”
Resta comunque in piedi il percorso cui accenna anche il ministro Patroni Griffi. Nel Lazio ad esempio è già convocata per i primi di settembre una riunione con i sindaci di tutta la regione per ragionare sulla riorganizzazione di un territorio difficile. Fabio Melilli presidente del Cal e della moritura provincia di Rieti ha detto: “Sarà molto difficile accorpare due spuntoni lontani tra loro come Viterbo e Rieti. Basta guardare una mappa per accorgersi che in mezzo c’è l’Umbria”. E infatti a Rieti è già cominciata un raccolta firme per passare all’Umbria.
E c’è pure chi già promette battaglia: in Lombardia, dove già pensano a un ricorso costituzionale, dovranno decidere se fare una grande Brianza (Monza, Como, Sondrio) oppure la provincia delle Alpi (Varese, Como, Sondrio). Il Piemonte ragiona su quattro grandi enti: Tornino con la sua area metropolitana, Cuneo, il Centro (Asti e Alessandria), il Nord (Vercelli, Biella, Novara e Verbania). Tra alleanze improbabili e ricorsi per la sopravvivenza è difficile prevedere una sicura esecuzione delle Province condannate a morte.