ROMA – I sacrifici che i partiti non vogliono più chiedere agli italiani perché temono ulteriore emorragia di voti, la legge elettorale che ogni volta si ferma quando l’accordo sembra possibile e le elezioni che ancora oggi non si sa se saranno “naturali”, anticipate e con che sistema. Nel frattempo lo spread continua a volare e il Senato discetta di riforma semipresidenziale. E’ la situazione politica italiana dell’agosto 2012, situazione su cui aleggia una domanda di fondo: che succederà nei prossimi mesi?
Resisterà Mario Monti fino al 2013 o meglio, vorrà resistere con margini di manovra che avvicinandosi le urne diventeranno via via sempre più ristretti? O alla fine i partiti troveranno l’accordo sulla legge elettorale che gli consentirà di andare alle urne prima? La questione, come osservano sia Amedeo La Mattina sulla Stampa, sia Francesco Verderami sul Corriere della Sera è soprattutto “tattica”.
Stallo tattico sulla legge elettorale. Da un lato c’è la legge elettorale nuova, quella che formalmente tutti dicono di volere ma su cui nessuno si vuole esporre, nessuno si vuol far “trovare in fuorigioco” scrive Verderami. Così, rilanciare ogni volta che si avvicina l’accordo è un modo per non chiudere la partita e scaricare sulla controparte la responsabilità. Ieri ci si è messo il Pdl che ha rilanciato la questione preferenze. Un binario morto sia perché al Pd non piace sia perché è lo stesso Berlusconi ad essere in parte perplesso. Sono soprattutto gli ex An a definirle, secondo La Mattina, “una grande boiata”.
Berlusconi e la campagna elettorale. Quanto a Berlusconi, invece, l’ex premier gradirebbe un modello spagnolo sul quale l’intesa è impossibile. Soprattutto, però, Berlusconi pensa ad altro: alla campagna elettorale da definire che lo vedrebbe ancora una volta candidato premier. E sulla Stampa spunta un nuovo nome di partito: “Grande Italia”. Manca lo slogan ma per quello c’è tempo mentre, sempre secondo la Stampa, Berlusconi sfrutterebbe lo spread alto come leit motiv della campagna elettorale, un modo per dire che la situazione con Monti non è migliorata e che l’attacco della speculazione all’Italia non era in alcun modo collegato alla sua figura. Quanto alla trovata ad effetto Berlusconi, per La Mattina, punterebbe sulla vendita del patrimonio pubblico per pagare parte del debito italiano. Il programma, in ogni caso, richiede tempo e quindi se Monti dovesse durare fino al 2013 non sarebbe un problema.
I sacrifici. Monti, nel frattempo, è stretto tra lo spread che non scende e i partiti che non sono più disposti a votare provvedimenti impopolari sui tagli. E’ il caso di Pier Luigi Bersani che sulla spending review continua a chiedere ritocchi. Ma è il caso di tutti i partiti che non vogliono neppur sentire parlare di altre manovre correttive. Monti assicura che non ce ne saranno. Sta di fatto che, come osserva Verderami, “di vertici Abc non ce ne sono più”. Ogni volta Monti incontra i leader separatamente, Berlusconi-Alfano in tandem, poi Bersani e infine Casini. Ognuno, insomma, fa il suo gioco. Nonostante il clima per l’Italia sia tutt’altro che migliorato. Così mentre il premier chiede un sostegno più solido i partiti pensano a come presentarsi alle urne senza le ossa troppo rotte. Nel frattempo lo spread galoppa.