Il 15 febbraio il governo porta in Commissione Giustizia alla Camera il “processo breve”. Cioè la legge che fa evaporare i processi non conclusi entro sei anni nei tre gradi di giudizio. Il processo breve che Berlusconi disse di non voler e di non averne bisogno. Il processo breve fermato da Fini, con sollievo di Napolitano. Il processo breve che il 15 febbraio sarà la prima pietra dell’edificio anti magistratura, la prima colonna corazzata della controffensiva di Berlusconi contro i giudici “impuniti e impunibili”. Seguiranno il divieto di intercettazioni telefoniche e la sanzione pecuniaria ai magistrati.
Il 28 febbraio si apre il processo Mediaset, quello in cui Berlusconi deve rispondere di reati finanziari e fiscali.
Il 5 marzo si apre il processo Mediatrade, quello in cui Berlusconi deve rispondere di analoghi reati in ipotesi compiuti nella compra vendita di diritti cinematografici.
L’undici di marzo si apre il processo Mills, quello in cui Berlusconi deve rispondere di corruzione. Il corrotto già c’è, con sentenza definitiva. Corrotto per aver ottenuto circa 600mila dollari per rendere testimonianza incompleta, incompleta a vantaggio del corruttore. E’ il processo in cui Berlusconi rischia quasi sicura condanna.
Tutti e tre i processi sono ripartiti dopo lunga “ibernazione”: erano bloccati dalla legge voluta dal governo e chiamata “legittimo impedimento”. Consentiva al premier di non presentarsi e di attendere che con lo scorrere del tempo i processi “scadessero” per prescrizione. Il legittimo impedimento automatico, sicuro e garantito è stato bocciato dalla Corte Costituzionale. Come che vada, sarà una tortura per l’immagine e la sostanza dell’intero paese. Delle due l’una: o un premier che fugge tutti e tre i processi, oppure un premier alla sbarra tre volte in neanche due settimane.
L’undici marzo un vertice europeo stenderà i termini dell’accordo, dei nuovi connotati economici e finanziari da dare all’Unione Europa. Sarà l’appuntamento decisivo per la ratifica fissata al 24 marzo. Si deciderà di banche, debito, deficit, tasse, moneta, produttività, regole e sanzioni per stare insieme. Quel giorno l’Italia sarà però nel pieno della sua “guerra totale”, quasi civile. Sotto minaccia di “golpe” come dice Giuliano Ferrara che passa come uno dei “pacifisti”, brillante stratega ma pacifista dell’esercito del premier. Un golpe organizzato da chi? Dai giudici, dai comunisti? No, troppo facile e banale, il golpe che secondo Giuliano Ferrara minaccia l’Italia ha il suo mandante altrove, è “Golpe morale”. Insomma la morale è intimamente eversiva.
Il 17 marzo il Parlamento sarà in seduta a Camere riunite per celebrare i 150 anni del paese unito. Al 9 febbraio non si sa e il governo non sa dire se sarà festa nazionale o no a tutti gli effetti. Non si sa se si lavora o no, ma si sa che per la Lega sono “soldi buttati”, che per Confindustria è festa sì ma non fino in fondo, che mezzo governo vuole e l’altro mezzo non vuole. E come il governo divisi sono i sindacati. E che dall’Alto Adige alla Sicilia si chiamano fuori dalla festa di una unità nazionale che raccontano subita e sopportata ma in fondo mai voluta. Sarà il 17 marzo la festa di chiusura, forse di una legislatura, più probabilmente di un paese.