Un processo dal ”basso in alto”, che partirà dai villaggi per salire ai distretti e alle province e che sarà ”irreversibile”: così l’inviato speciale della Nato a Kabul, il britannico Mark Sedwill, ha descritto il processo di transizione – Integal nelle lingue dari e pashtun – in Afghanistan.
I criteri di questa progressiva via d’uscita da uno dei teatri di guerra più insidiosi per la comunità internazionale sono stati messi a punto in una riunione oggi, 13 ottobre, a Bruxelles tra i rappresentanti dei 28 stati membri dell’Alleanza e il generale Usa David Petraeus, capo di tutte le forze internazionali e americane a Kabul.
L’inizio della transizione è previsto ”nella primavera del 2011”, il suo completamento ”alla fine del 2014”. Secondo Sedwill, gli sforzi di conciliazione nazionale condotti dal presidente Hamid Karzai con i talebani, non influenzeranno questa road map che sarà approvata dai capi di Stato e di governo dei 28 al vertice Nato di Lisbona, il 19 e il 20 novembre prossimi.
”Non credo che i colloqui di pace possano avere un impatto su questo calendario, almeno che non si proceda ad un passo più veloce di quanto non ci aspettiamo ora tanto da ridurre in modo radicale la minaccia”, ha detto Sedwill in un incontro stampa.
La transizione partirà nel gruppo di province dove sono stati fatti i passi in avanti più importanti in termini di sicurezza e di governo. Alcuni distretti nell’area di Herat, che si trova sotto il controllo dell’Italia, potranno essere tra i primi a sperimentare la transizione.
Ma anche nelle tradizionali roccaforti talebane, come Kandahar, dove da mesi è in corso un’offensiva delle forze Isaf per cacciare gli insorti, la Nato considera che sono molti i progressi fatti.
”In molti villaggi si sta registrando un calo della violenza. Gli abitanti possono recarsi al mercato o portare i bambini a scuola senza paura: è un grosso cambiamento”, ha riferito l’inviato speciale.
La transizione comincia dalle strade, dove ora a pattugliare sono in maggioranza i militari e i poliziotti afghani, addestrati e formati dai team di istruttori della Nato e della Ue.
Per le truppe straniere aumenterà il ruolo di mentoring verso i colleghi afghani e caleranno le operazioni dirette condotte sul terreno. Ma la comunità internazionale ”dovrà farsi carico per molti anni ancora dell’Afghanistan, che resterà per un lungo periodo uno dei Paesi più poveri del mondo e con il livello di analfabetismo più alto”, ha detto Sedwill.
”Prevediamo già che il governo afghano non sarà capace di gestire in modo autonomo le sue forze militari se non a partire dal 2023”, ha detto Sedwill.