BONN, GERMANIA – Il no definitivo del Pakistan all’invio di una delegazione governativa e’ caduto come un macigno sulla Conferenza Internazionale di Bonn sull’Afghanistan di lunedi’, anche se il fair play diplomatico espresso da piu’ parti tenta di minimizzarne l’impatto.
E’ stato il Comitato sulla Sicurezza Nazionale del Parlamento, in presenza del premier Yousuf Raza Gilani e di molti ministri del governo, a confermare che l’attacco Nato del 26 novembre contro il distretto tribale Mohmand Agency che ha causato la morte di 25 soldati pachistani, ed il rifiuto del presidente Barack Obama di presentare le scuse degli Usa, sono visti dai pachistani come una ferita impossibile da rimarginare in cosi’ poco tempo.
Cosi’ il ministro per l’Informazione, Firdous Ashiq Awan, ha confermato il no finale alla partecipazione al vertice, aggravato poi dalla conferma della chiusura delle linee di rifornimento pachistane alle truppe Nato impegnate in Afghanistan e dalla richiesta a Washington di sgomberare la base aerea di Shamsi.
Già prima delle dichiarazioni di Awan, peraltro, la ministro degli Esteri, Hina Rabbani Khar, aveva sostenuto che se in futuro si dovesse verificare un altro incidente come quello di una settimana fa, il Pakistan ”metterebbe definitivamente fine al suo appoggio alla ‘guerra al terrore’ propugnata dagli Usa”. L’inasprimento pachistano poi e’ stato totale quando il comandante dell’esercito, generale Ashfaq Parvez Kayani, ha prima rivelato che solo un ”incidente tecnico” ha impedito ai caccia pachistani di levarsi in volo per attaccare gli elicotteri Nato, ed ha quindi annunciato un accorciamento della catena di comando delle truppe di frontiera.
Il che significa che i comandanti locali hanno ricevuto l’autorizzazione a rispondere militarmente senza attendere ordini centrali ad eventuali nuovi sconfinamenti della Nato, che sarebbe considerata per la prima volta come una forza ostile. Per salvare la partecipazione del Pakistan alla Conferenza di Bonn l’ambasciatore americano a Islamabad Cameron Munter ha prodotto un video, collocato su Youtube, in cui esprime dolore per le vittime pachistane dell’attacco ed ha anche convocato gli ambasciatori dei paesi dell’Alleanza, chiedendo loro di fare pressioni sul governo di Gilani.
Ma inutilmente. Cosi’ il presidente afghano Hamid Karzai è arrivato da Kabul in Germania con una folta delegazione, ma anche con la consapevolezza che al tavolo di Bonn manchera’ un protagonista cruciale. L’unico che puo’ influire politicamente e militarmente – se si eccettuano i droni operati dalla Cia – sui talebani che hanno le loro roccaforti nei territori tribali pachistani, da dove attaccano le truppe dell’Isaf in Afghanistan.
Comunque l’agenda della Conferenza di Bonn, a cui partecipano un centinaio di paesi e 17 organizzazioni internazionali, e’ molto fitta ed ha il duplice compito di tracciare un bilancio di dieci anni dell’operazione Enduring Freedom rispetto alla sicurezza ed alla lotta al terrorismo. E nello stesso tempo tentare di disegnare una ”road map” di impegni fino alla fine del 2014, quando in teoria tutti i militari stranieri se ne saranno andati, ed anche per il dopo. E secondo gli esperti proprio questa sara’ la parte su cui ogni previsione si presenta rischiosa.
Un estremo tentativo di indurre il Pakistan a partecipare alla Conferenza è stato fatto anche dal segretario di stato americano Hillary Clinton. Essa ha telefonato domenica sera al premier Gilani ribadendo che, in merito all’attacco Nato del 26 novembre, gli Usa ”hanno il massimo rispetto per la sovranita’ territoriale” di Islamabad”.
Ma alla richiesta della Clinton di salvaguardare le relazioni pachistano-americane e di modificare il no di Islamabad alla partecipazione al vertice di Bonn, Gilani ha pero’ risposto che ciò è impossibile perche’ la decisione è stata definita in termini irreversibili dal Comitato di Difesa del governo e dal Comitato Nazionale sulla Sicurezza del Parlamento.
