DAMASCO – Per anni grandi cartelloni per celebrare la decennale alleanza tra la Siria e l’Iran sono stati ovunque nella capitale siriana, con manifesti perfino sui taxi, recanti le immagini del presidente siriano Bashar al-Assad e di quello iraniano Mahmud Ahmadinejad ricamate con rose e narcisi. Ma quell’alleanza sta ora attraversando tempi duri, e Ahmadinejad è diventato il più recente, e probabilmente inaspettato, leader mondiale che ha sollecitato Assad a por fine alla violenta repressione contro i siriani che da mesi stanno sfidando, con gravi spargimenti di sangue, il suo dittatoriale regime.
Quando fiorì la Primavera Araba, capovolgendo l’ordine regionale, sembrò che il vero vincitore fosse l’Iran: il suo avversario regionale, il presidente egiziano Hosni Mubarak era stato destituito e il suo più importante alleato, la Siria, imbaldanzita. Ma non c’è voluto molto prima che la Primavera Araba arrivasse anche in Siria, e adesso, mentre i soldati di Assad continuano ad ammazzare inermi dimostranti, l’Iran vede la sua vittoria evaporare su due fronti: la sua immagine di guardiano della resistenza araba è stata infranta, e il suo più importante e strategico alleato nella regione rischia di fare la fine di Mubarak.
Anche se è stato accusato di fornire armi e aiuti finanziari ad Assad per sostenere la sua repressione, l’Iran ha notevolmente aumentato le sollecitazioni affichè Assad ponga fine alle violenze e avvii riforme del suo sistema politico, con lo scopo di riaggiustare la sua immagine e, se possibile, in qualche modo riabilitarlo.
”I Paesi della regione possono aiutare il popolo e il governo siriano nell’applicare riforme essenziali e nel risolvere i loro problemi”, ha detto Ahmadinejad in una intervista a Teheran postata sul suo sito ufficiale. Altre notizie sull’intervista raccolte da una televisione portoghese lo hanno citato in questi termini: ”Una soluzione militare non è mai la soluzione giusta”, un’affermazione alquanto ironica da da parte di un uomo la cui discutibile rielezione nel 2009 scatenò una protesta popolare repressa con brutalità .
La caduta del governo Assad sarebbe un grave colpo per l’Iran a maggioranza sciita, tagliando il ponte con il suo principale alleato nel mondo arabo e al contempo rafforzando i suoi principali rivali regionali, l’Arabia Saudita e la Turchia, entrambi a maggioranza sunnita. L’Iran perderebbe anche la possibilità di fornire armi agli Hezbollah in Libano, ulteriormente indebolendo la sua ambizione di essere la principale potenza regionale dal Pakistan al Medio Oriente.
