BUENOS AIRES, 31 AGO – E' esploso nel Parlamento argentino il dibattito della ''febbre delle terre''. Pressato da più parti, il governo peronista della presidente Cristina Fernandez de Kirchner sta cercando di frenare l'appetito dei nuovi colossi ormai emersi, in primo luogo la Cina, che lentamente si stanno accaparrando enormi appezzamenti della Patagonia e di altre regioni del paese.
A Buenos Aires, il problema è sotto i riflettori ormai da tempo. L'Argentina è un paese gigantesco: i terreni fertili sono pari a 360 mila chilometri quadrati. Nei prossimi 15 anni la domanda mondiale di cereali aumenterà del 40% e il potenziale produttivo delle Pampas e di altre aree è enorme. L'Argentina è tra i primi produttori mondiali di soia e il secondo di olio di girasole.
Dopo anni di speculazioni e di terre vendute per pochi spiccioli, la 'presidenta' Kirchner prova, con un disegno di legge, a mettere le briglie al fenomeno. Secondo tale progetto, non più del 20% della terra agricola potrà essere di proprietà di società straniere. Inoltre, un singolo imprenditore non potrà più acquistare oltre i mille ettari.
Dati e progetto a partire dai quali, forse, può ripartire il sogno peronista di una Argentina leader nel settore dell'agroindustria e dell'agroalimentare.
Analisti locali hanno poi sottolineato il perfetto 'timing' politico scelto dal governo per affrontare il tema in Parlamento: Buenos Aires è infatti in piena campagna elettorale in vista delle presidenziali di ottobre e il dossier 'tierra' agli stranieri è cruciale.
Molti si sono per esempio chiesti per quale ragione le autorità della provincia di Rio Negro abbiano firmato un accordo con il gruppo cinese Hellongjiang Beidahuang State Farm, che prevede la concessione di 330 mila ettari in una delle valli più fertili della Patagonia.
I cinesi sborseranno circa 1.500 milioni di dollari e i cereali sfameranno Pechino per i prossimi 20 anni. In altre parole, non riempiranno lo stomaco degli argentini che si domandano perché le imprese d'oltreoceano possono sfruttare le risorse del loro Paese, mentre sugli scaffali dei supermercati il prezzo di un pacco di pasta aumenta di giorno in giorno.
Questa 'fame di terre fertili' non riguarda però solo la Cina. Nel gioco è entrata l'Arabia Saudita, mentre qualche mossa è stata fatta anche dall'India. Imprenditori sauditi sono sbarcati in un'area denominata 'El impenetrable' della provincia del Chaco, profondo nord del Paese, e puntano a 30 mila ettari di terra, operazione per la quale il gruppo Al Khoraref ha gia' sborsato 400 milioni di dollari.
Nell'intera Argentina, ci sono circa sette milioni di ettari in mano a multinazionali straniere e la tendenza – precisa il ministero dell'Agricoltura – è in costante aumento.
