Anna Lisa Rapanà , inviata dell’agenzia Ansa a Tunisi, racconta la paura che si vive nella città , dove ”l’aeroporto è il posto più sicuro”. Glielo dice un giovanissimo poliziotto, armato di mitra, che aggiunge:”Si vuole spostare da qui?”, chiede, con un’espressione stupita. Non c’è modo: ”In città ci sono problemi, non può spostarsi. Questo è l’unico posto sicuro”.
Già all’imbrunire i taxi diretti in centro non partono più dall’aeroporto Cartagine di Tunisi, non si vedono auto private se non qualcuna. Il coprifuoco è scattato alle 17 e qualsiasi mezzo ha lasciato lo scalo, i pochi rimasti non si muovono più. Con il calare del sole si sentono, e si vedono in lontananza, gli elicotteri sorvolare la zona. Per qualche momento il rumore al loro passaggio sembra fondersi con il richiamo alla preghiera della sera, o forse è solo suggestione.
Certo è che il piazzale davanti all’aeroporto si svuota in pochi minuti: rimane qualche fumatore, qualche straniero che ancora non si arrende all’idea di non potersi allontanare. Il dispositivo di sicurezza non è imponente, i militari che avevano preso il controllo dell’aeroporto non ci sono più, non ci sono mezzi blindati e nemmeno camionette. Solo giovani poliziotti, alcuni in borghese, armati di mitragliette che si danno il cambio all’unico ingresso ormai rimasto aperto, gli altri non si possono più usare.
All’interno dell’aerostazione, sono diventate centinaia le persone che popolano lo scalo. Umanità variegata. Molti hanno raggiunto l’aeroporto nella speranza di partire dopo la riapertura dello spazio aereo, ma sono rimasti bloccati. Altri fuggono. Rassegnati, si sono sistemati alla meglio: i diversi bar sono stati presi d’assalto. Occupati tutti i tavoli mentre a decine usano i bagagli al posto delle sedie che scarseggiano e c’è chi ha già preparato un giaciglio di fortuna in terra per passare la notte. I bambini giocano, rumorosi, [probabilmente sono italiani e c’è solo da sperare che presto siano] sopraffatti dalla stanchezza.
I ragazzi aprono i laptop alla ricerca di una connessione Internet.
Hanien Ali sente parlare italiano e si avvicina: ”E’ italiana? Io devo lavorare lunedì, in una fonderia, a Brescia, ma non posso rientrare. Secondo lei perderò il lavoro? Mi crederanno quando dirò che sono rimasto bloccato?”. C’è anche questa ansia oggi a Tunisi: ”Ho 53 anni, se perdo il lavoro in Italia, con questa crisi dove ne trovo un altro”. Hanien è partito alle 7 del mattino da Madiah per raggiungere l’aeroporto, ma è arrivato solo poco prima delle 15, dopo 250 chilometri con decine di posti di blocco, ad ognuno è stato fermato e controllato. Dei suoi familiari vivono non lontano dall’aeroporto, ma non tornano a prenderlo, troppo tardi ormai per allontanarsi da casa.
Al secondo piano dell’aerostazione un gruppo di ragazzi riesce ad accendere un televisore: è il canale nazionale. ”Non c’è piu’ il 7” notano sorpresi. Era il simbolo del presidente Ben Ali (insediatosi il 7 novembre) e quindi anche quello della tv ufficiale, Tunis7. ”Ora non c’è più. Lo hanno tolto”.
Al racconto di Anna Lisa Rapanà fa riscontro la cronaca da Fiumicino, dove da Tunisi è arrivato un unico volo, il Tunisair atterrato nel primo pomeriggio.
Il racconto di uno degli italiani appena scesi dall’aereo è stato: ”Scene di caos e disordini. La paura di non riuscire a rientrare in tempi brevi in Italia”.
L’aereo è atterrato con quattro ore di ritardo sull’orario previsto. Lo spazio aereo tunisino è stato difatti riaperto ma con l’attività nello scalo di Tunisi è molto limitata. Alitalia e Air One hanno sospeso, per ragioni di sicurezza, tutti i voli da e per Tunisi fino al 17 gennaio compreso.
Ha detto un altro italiano, un veneziano all’arrivo:Â ”Abbiamo visto scontri e feriti, supermercati in fiamme, fumo dappertutto, sia a Biserta e Tunisi. Dalla Farnesina abbiamo avuto solo assistenza telefonica. Abbiamo dormito in aeroporto la scorsa notte”.
Il racconto di un imprenditore tessile romano che opera in Tunisia: ”Già da ieri c’era un grande allarme in aeroporto mentre in città , la notte, abbiamo visto scontri con protagoniste bande incontrollate che colgono l’occasione per creare caos: c’è un controllo militare, carri armati sulle strade e vicino all’aeroporto. Credo la situazione stia comunque tornando alla normalità . Ero giù da domenica corsa per lavoro ma sono voluto rientrare anche per tranquillizzare la famiglia: per la prima volta ho provato la brutta sensazione di rimanere bloccato e di correre il rischio di non poter rientrare a casa”.