Il sindaco di Sarajevo, Alija Behmen, ha chiesto al ministero dell’interno del Cantone di Sarajevo di vietare la commemorazione, annunciata da una commissione del governo della Republika Srpska (Rs, entità a maggioranza serba di Bosnia), dei soldati dell’ex esercito jugoslavo (Jna) uccisi nel conflitto a fuoco con le forze governative in una via del centro cittadino il 3 maggio 1992.
I soldati, un mese dopo l’inizio dell’assedio di Sarajevo e della guerra in Bosnia, stavano lasciando la città nell’ambito dello scambio del loro comandante, generale Milutin Kukanjac, con il presidente bosniaco Alija Izetbegovic, tenuto prigioniero dalla Jna. L’annunciata manifestazione, ritiene il sindaco, è ad alto rischio, “programmata per provocare violenze e fa parte della campagna revisionista dei fatti stabiliti in sede giudiziaria sull’attacco contro la Bosnia e sui crimini commessi sul suo territorio e contro i suoi cittadini”.
Di questa campagna fa parte, ha detto Behmen, anche l’arresto, all’inizio di marzo, a Londra di Ejup Ganic (63 anni), ex membro della presidenza collegiale della Bosnia negli anni della guerra, su mandato di cattura della giustizia di Belgrado per i fatti del 3 maggio 1992. Quel giorno, però, all’indomani di un feroce bombardamento della città , ha detto ancora Behmen, le forze governative non hanno commesso un crimine ma hanno difeso Sarajevo, e il Tribunale penale internazionale dell’Aja (Tpi), dopo anni di indagini, ha parlato della colonna della Jna come di un legittimo obiettivo militare, senza riscontrare elementi di reato.
