Come migliaia di altri documenti riguardanti la Rivoluzione Culturale, i resoconti di quanto accadde in quel periodo, dal 1966 alla morte di Mao nel 1976,sono rimasti segreti per volere di un governo che certo non voleva fossero divulgati gli eccessi del Grande Timoniere. Ma, riferisce il New York Times, ora, per ragioni che non sono ancora chiare, le autorità hanno aperto al pubblico di Pechino, Shanghai e Xi’an una parte degli ex-documenti segreti di quell’era. Debitamente purgati.
Le pagine ingiallite menzionano fugacemente le atrocità del periodo: la denuncia dei genitori da parte dei figli, l’umiliazione degli intellettuali, i milioni di vite rovinate dalle Guardie Rosse, la deificazione di Mao: tutto era politicizzato e molti commisero il suicidio.
Oggi, nei libri di storia quegli anni sono stati cancellati dalla storia ufficiale della Repubblica Popolare, i suoi orrori spariti. Molti cinesi di mezz’età ricordano che il Paese ha attraversato un periodo tumultuoso, ma secondo gli studiosi, pochi hanno idea degli estremi che furono raggiunti.
Chen Xiaojing, a quel tempo un funzionario del Partito Comunista, racconta con estrema cautela nelle sue memorie ”I Miei Anni Nella Rivoluzione Culturale”che «avvenimenti di una gravità eccezionale» sono ora diventati nei testi scolastici «fatti raccontati con vaghezza e improbabili significati».
«Per gente come me«, dice al Times, Xu Youyu, che ha studiato la Rivoluzione Culturale, «l’apertura degli archivi è certo meglio di niente, ma ci sono delle cose che vorrei sapere, come ad esempio in quante case le Guardie Rosse hanno fatto irruzione e quanta gente hanno portato via. Notizie, queste, che nessuno troverà mai nelle pagine degli archivi».
Se il resoconto di questi fatti venisse portato alla luce, continua Xu, «la gente potrebbe cominciare a chiedere perchè è successo, e questa domanda non riguarderebbe solo il l966, ma anche l’attuale situazione in Cina».
Di assassinii e di gente richiusa in prigione gli archivi non parlano. Sfogliandoli vengono fuori episodi che descrivono la follia di quei tempi. Nel 1972, in una scuola elementare presso Pechino, gli alunni nell’ora di matematica dovevano cantare inni rivoluzionari e per 25 minuti studiare e discutere sei citazioni di Mao. Nel tempo che restava studiavano matematica.
Nel 1967, un rapporto governativo sollecitava la creazione a livello cittadino e provinciale «ad usare qualsiasi pensabile mezzo» per garantire annualmente la produzione di 13 mila tonnellate di uno speciale tipo di plastica usata per rilegare il ”Libretto Rosso” di Mao. Le autorità vigilanti sulla produzione di plastica dissero ai lavoratori che produrre il materiale era «la nostra gloriosa responsabilità politica».
